«Sono sulla ringhiera a Udine, guardo nel vuoto. Dovrei saltare? Mi vedo, mentre sono sdraiata sull'asfalto di sotto, in una pozza di sangue. Ho paura della morte. Il mio...
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Estibaliz Zabala Carranza, la 36enne spagnola di origini messicane, la "mantide" arrestata nel giugno 2011 dalla Polizia di Stato di Udine per il duplice omicidio di marito e fidanzato a Vienna, ha scritto un libro sulla sua storia, "Le mie due vite", redatto insieme alla giornalista Martina Prewein. Alle 224 pagine del libro, lanciato in questi giorni, ha affidato le sue memorie e il racconto dei due omicidi, per cui è ora rinchiusa nel carcere di Schwarzau, nella Bassa Austria. «Ho preso la vita non solo di due persone, ma anche due figli alle loro madri», si legge in alcuni passi già anticipati dal quotidiano Kronen Zeitung. «Da quando sono diventata madre in carcere (ha partorito il bambino di un terzo compagno che portava in grembo quando è stata arrestata) posso capire cosa voglia dire perdere un figlio. Specie in modo così spaventoso. Se potessi cancellare il mio crimine darei la mia vita per questo».
Nelle pagine non manca un passaggio anche sul suo arresto a Udine. Già allora agli agenti della Squadra mobile di Udine, diretti dal vice questore aggiunto Massimiliano Ortolan, aveva annunciato l'intenzione di scrivere un libro sulla sua storia. La donna aveva ucciso prima il marito, Holger H., tedesco di Berlino, e poi il compagno, Manfred H., 48 anni, austriaco. Li aveva colpiti, secondo quanto da lei stessa raccontato, con il fucile del marito, uno di spalle mentre era al computer, l'altro mentre dormiva. Poi aveva smembrato i corpi con una motosega e li aveva nascosti in due frigoriferi murati con del cemento che si era fatta consegnare da un taxi. Le vittime erano state ritrovate quasi casualmente pochi giorni prima dell'arresto, da alcuni operai che stavano facendo dei lavori di ristrutturazione nello scantinato dello stabile nel distretto viennese di Meidling, dove Carranza aveva in uso un appartamento e dove gestiva una gelateria molto conosciuta, valsole l'appellativo di Eislady.
La donna era quindi fuggita verso l'Italia in taxi. Aveva dormito una notte in un albergo di Cavazzo, poi era stata ospitata a Udine in casa di un giovane artista di strada conosciuto in stazione. Insospettitosi dai siti austriaci visitati dalla donna, il giovane aveva chiamato la Squadra mobile per avvisare della sua presenza.
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Il Gazzettino