Tradita dal 53 del Lotto: tabaccaia fa credito ai clienti e finisce alla sbarra

Tradita dal 53 del Lotto: tabaccaia fa credito ai clienti e finisce alla sbarra
BELLUNO - Ha alimentato la cronaca con brutte notizie e ieri è approdato in tribunale a Belluno: è il 53 a Venezia, il numero che nel gioco del Lotto vanta uno dei massimi...

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BELLUNO - Ha alimentato la cronaca con brutte notizie e ieri è approdato in tribunale a Belluno: è il 53 a Venezia, il numero che nel gioco del Lotto vanta uno dei massimi ritardi record e che all’inizio del 2010 ha causato, per alcuni clienti insolventi, il ciclone che ha investito la commerciante Pina Balzan, della tabaccheria di via Feltre.




La donna ieri era in tribunale, accusata di omessi versamenti Inps ai suoi dipendenti per 240 euro saltati proprio in quel periodo a causa dei problemi che i clienti che giocavano quel numero le avevano dato. Un cifra irrisoria, puntualmente pagata poi. Proprio la tenuità del fatto è stata sottolineata anche dallo stesso pm Sandra Rossi che ha chiesto l’assoluzione per la commerciante.



Si è associata la difesa sostenuta dallo studio dell’avvocato Luciano Licini. Infine è arrivata la fine di quell’incubo per la Balzan con la "non punibilità" pronunciata dal giudice Antonella Coniglio ai sensi del nuovo articolo sulla tenuità del fatto, il 131bis del codice penale. «Le cartelle di Equitalia - ha raccontato la commerciante in aula - continuavano a arrivare. Io pagavo puntualmente i contributi, gli stipendi assistita dal commercialista che mi spiegava come fare. Nel 2010 però sono iniziati i problemi».



La tabaccaia ha proseguito: «Era il periodo del ritardatario 53 a Venezia. Ho fatto un credito a 3 clienti, che ritenevo affidabili, per poche estrazioni al Lotto. Lo giocavano da tempo, ma avevano terminato al liquidità. Li conoscevo, pensavo che mi avrebbero pagato. Invece i soldi non li ho più visti. Io ho dovuto pagare la Lottomatica e mi sono trovata nei guai». Da qui è andata in tilt: ha versato parte dei contributi (750 euro su 990, ma si è dimenticata i 240 euro.



«Ho dato credito a clienti ai quali non dovevo dare fiducia, signor giudice» ha concluso la donna. Nel 2010, per sopperire al buco ha usato una mia proprietà, e due degli assegni derivanti dalla vendita li ho girati a Equitalia. Come se non bastasse, sono stata assente dal lavoro per un periodo a causa di una malattia. In ricevitoria le cose non andavano bene, ma ho sempre pagato le cartelle. Quella per cui sono qui oggi, mi è sfuggita ma poi l'ho pagata».



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Il Gazzettino