Sei euro all'anno a testa non sono certo un salasso. Ma per una compagnia telefonica che, come Tim, conta più di 31 milioni di utenti (dati dell'Osservatorio trimestrale...
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Ecco, Tim si appresta teoricamente ad incassare la bellezza di 186 milioni di euro grazie a un paio di servizi che finora era gratuiti e che tra pochi giorni diventeranno onerosi. Gli utenti, infatti, per mantenere quei servizi dovranno pagare 1 euro e 90 centesimi ogni quattro mesi, circa 6 euro all'anno. Ma il paradosso è che gli utenti dovranno attivarsi per dare la disdetta di quei servizi, altrimenti se li troveranno in conto, decurtati dal credito residuo. I servizi in questione sono "Lo sai" e "Chiama ora" di Tim. Ma lo stesso vale per "Chiamami" e "Recall" di Vodafone.
Fino ad ora i gestori li concedevano gratis. Adesso hanno deciso che è finito il tempo della gratuità. Così, nelle prossime settimane a partire dal 21 luglio questi servizi passeranno a pagamento e le somme a carico degli utenti potranno arrivare a seconda dei casi anche a una ventina di euro l'anno. Al di là della tempistica nell'informazione agli utenti (Federconsumatori è già insorta: «I due gestori se la stanno prendendo molto comoda»), le perplessità e le proteste riguardano il fatto che occorra attivarsi per disdire i servizio, e non il contrario. Ossia: se tu Tim o Vodafone mi hai dato un servizio gratuito e adesso hai deciso che me lo metti a pagamento, perché deve toccare a me disdirlo? Toglimelo e se mi interessa mi faccio vivo. Macché.
L'ufficio stampa di Tim difende la scelta: «Proprio perché sono servizi già attivi non potevano essere disattivati, la scelta fatta va nell'interesse del cliente». Il Movimento consumatori non la pensa così: «Tutti i servizi che diventano a pagamento dovrebbero essere disattivati salvo richiesta del'utente - dice il presidente nazionale Lorenzo Miozzi - Purtroppo, tutti, a partire dall'Agcom, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, hanno assecondato le compagnie telefoniche». Miozzi rincara: «Agcom potrebbe intervenire, ma non lo fa. Noi ci siamo fatti sentire anche al ministero dello Sviluppo economico, ma senza risultato».
E allora? Allora tocca agli utenti farsi sentire.
Il Gazzettino