La 41enne suicida in ospedale, la famiglia: «L'Ulss ci paghi i danni»

L'ospedale di Rovigo
ROVIGO - Un suicidio, ma dietro al quale potrebbero esserci responsabilità tanto civili quanto penali. Era il 19 maggio del 2011 quando una 41enne si tolse la vita lanciandosi...

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ROVIGO - Un suicidio, ma dietro al quale potrebbero esserci responsabilità tanto civili quanto penali. Era il 19 maggio del 2011 quando una 41enne si tolse la vita lanciandosi dal settimo piano dell'ospedale Santa Maria della Misericordia di Rovigo. Era entrata al pronto soccorso del nosocomio la sera prima.




Secondo la figlia e il padre, se il caso fosse stato seguito meglio forse il tragico epilogo si sarebbe potuto evitare. Sul caso è aperta anche un'inchiesta penale. Secondo quanto ricostruito nell'atto di citazione della causa civile, le condizioni della 41enne al momento dell'accesso al pronto soccorso non erano buone: da due giorni diceva alla figlia di essere nel mirino di una banda di pericolosi usurai.



Tanto che le due donne avevano passato buona parte della notte tra il 17 e il 18 maggio a Padova, per presentare denuncia in questura. I successivi sviluppi avevano convinto i parenti che la donna stesse molto male: vedeva complotti ovunque, si sentiva perseguitata. Secondo la ricostruzione che emerge dalle carte, nelle prime ore del mattino del 19 maggio, la donna viene ricoverata in Neurologia. Non tanto per una questione diagnostica, quanto perché non vi erano posti letto disponibili in astanteria o in altri reparti.



Ai familiari anche in reparto la 41enne manifesta il proposito di togliersi la vita. Saluta i parenti, esprime le proprie ultime volontà, si informa sul piano al quale si trova Neurologia e quando le spiegano che è al secondo, commenta qualcosa come: «È troppo basso». Non solo: secondo il ricorso, già una prima volta la donna tenta di uscire dal reparto. I familiari le stanno vicino, si raccomandano con un medico e un’infermiera di non lasciarla sola, spiegano quanto ha appena confidato loro.



Non appena se ne vanno a casa per una doccia, si verifica la tragedia. Vengono dunque evidenziati alcuni difetti di comunicazione e lacune nel protocollo seguito che pure avrebbero potuto consentire un esito differente. Di qui la richiesta di risarcimento che viene presentata all'Ulss 18. Che a propria volta ha scelto di costituirsi in giudizio, per tutelarsi nella sede opportuna. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino