Caso S. Benedetto, confermato l'appello: «Andiamo in Cassazione» Stefani amaro ma sempre battagliero

Giuliano Stefani, portavoce delle famiglie di San Benedetto
MAROSTICA - La sentenza è stata una mezza doccia fredda, ma in sostanza non cambia nulla. "Andremo, com'era già previsto, in Cassazione" dicono i marosticensi che chiedono...

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MAROSTICA - La sentenza è stata una mezza doccia fredda, ma in sostanza non cambia nulla. "Andremo, com'era già previsto, in Cassazione" dicono i marosticensi che chiedono giustizia. E aumenta la loro rabbia in vista dei prossimi passi.




La Corte d'Appello di Venezia, sezione prima civile, (presidente Daniela Bruni, consigliere Guido Santoro), ha un po' gelato le aspettative. Le famiglie degli immobili Ater che protestano da ormai quasi quindici anni per la questione di quartiere San Benedetto, il "famoso" supercondominio che non si sa se esista, perchè vengono loro addebitate spese di manutenzione che ritengono non dovute, non essendoci - sostengono - impianti o situazioni comuni nè manutenzioni da gestire, restano per il momento al palo. La richiesta di revocazione della sentenza precedente è stata bloccata. Una situazione che neanche Kafka avrebbe potuto immaginare o raccontare: ma "dura, sed lex". Il motivo è squisitamente legale, non si entra nel merito - come forse pensavano i richiedenti - e i giudici spiegano che per ottenere una revocatoria deve saltare fuori un documento che non era stato possibile produrre durante il giudizio. Ma da una parte la dichiarazione del Comune di Marostica, che ribaltava la "verità" (sottoservizi di proprietà esclusiva comunale e non condominiali) era stato prodotto (amministrazione Scettro) dopo il giudizio, dall'altra le convenzioni tra Comune e quartiere per la manutenzione del verde erano già note durante il primo grado. Quindi, niet.



Poi la faccenda della lettera Etra considerata tarocca dagli attori (senza firma e, dicono loro, non trovata ai protocolli dell'ente), considerata dal giudice d'appello essenziale perchè definiva privata l'area, mentre nella relazione del Ctu si leggeva il contrario. I giudici non entrano nel merito della falsità o meno del documento - che già in primo grado fu escluso dalle prove perchè ritenuto non valido -, cosa che non compete loro, ma affermano che non vi furono sviste dei loro colleghi nel considerarlo: la revocatoria, secondo la legge, si può chiedere se vi è stata una "percezione sbagliata" nel leggere le prove documentali. La lettera dell'Etra invece era stata intesa bene, non importa quale fosse la sua natura perchè ciò non compete accertarlo ai giudici in sede di revocazione.



Quando Stefani s'incatenò davanti al municipio





Insomma un garbuglio cavilloso, ma legale, che però lascia i cittadini ancora a secco. E intanto avanza il rumor di sciabole degli avvocati che istruiscono le pratiche per portare a casa i soldi di inquilini e residenti, cifre cospicue dopo tanti anni di braccio di ferro. Intanto Giuliano Stefani, portavoce delle famiglie che hanno chiesto la revoca, rimette in moto la sua protesta. "Scorrettezze giudiziarie e politiche - dice - in un caso eclatante e ancora una volta la verità viene soffocata. Ciò che più urta e dispiace è che questa vicenda continua, nell'omertà dell'amministrazione e con la collaborazione anche della minoranza". Tra i politici locali ci sono state anche prese di posizione nette come quella dell'ex sindaco Scettro.



In effetti c'era stato il famoso ciclo di riunioni della commissione consiliare che doveva esaminare i plichi di docuentazione presenti in municipio, e arrivare alla "verità vera", ma poi non se n'è saputo più nulla. Probabilmente i componenti decisero che tutto era giusto così com'era andato fino ad allora, ma non risulta che ci sia stata una comunicazione all'esterno.

amaro:

Secondo Stefani le motivazioni della Corte d'appello sono strumen tali e paradossali. E si dirige ancora una volta contro gli amministratori locali. In una sua presa di posizione, già divulgata con volantini, aggiunge: "Da 15 anni assistiamo a comportamenti che intendono soffocare una verità sacrosanta e mortificare i diritti di un intero quartiere. Le amministrazioni non hanno mai applicato le convenzioni in essere, (Ater-Comune 1988 e Comune Quartiere S. Benedetto 1993) e l'attuale sindaco Marica Dalla Valle continua con la stessa politica. Tutto ciò ha favorito e agevolato i giochi di chi ha prodotto la famosa lettera intestata Etra che il giudice Menegazzi respinse in primo grado perché illecita. Poi in appello la stessa lettera fu considerata valida e venne depositata in cancelleria dopo 8 mesi dalla data di scadenza prevista". Così sostiene Stefani e sottolinea il danno che da 15 anni sostengono le famiglie sollecitate a pagare spese condominiali, per curare un'area verde di proprietà del Comune. Per Stefani la dichiarazione contenuta nella lettera Etra è falsa.



"Per noi il gioco non è finito, la storia continua finché non ci sarà giustizia" aggiunge e poi riserva l'ennesima stoccata al Pd: "Cosa ci stanno a fare i suoi rappresentanti in maggioranza? Nel 2008 il loro capogruppo (Patassini, ndr) presentò una mozione per dare applicazione alle convenzioni e disse che se il consiglio non le avesse applicate poteva rischiare di essere citato a livello penale. Tra i consiglieri, allora, vi era anche l'attuale segretario del Pd, che per protesta uscì dall'aula, ma che oggi non parla, non sente, non vede".



Stefani è amaro ma annuncia prossime iniziative. La faccenda continua. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino