TREVISO - «Lo Stato rappresenta oggi la più alta minaccia all'unità della Repubblica». A dirlo non sono dei ribelli pronti a far saltare l'architettura istituzionale...
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«È assolutamente necessario un cambio di rotta - detta Vigilio Pavan, presidente dell'associazione, nella missiva inviata al prefetto - stiamo assistendo a una ripetuta violazione della Costituzione da parte dello Stato: con la sua azione legislativa ha progressivamente reso insostenibile la situazione economico finanziaria degli enti locali del nostro territorio, compromettendo la capacità di garantire i servizi minimi ai cittadini e recando pregiudizio persino agli investimenti, in teoria irrinunciabili, in primis per la sicurezza scolastica e viabilistica».
«Tutto questo - specifica Pavan - non fa che fomentare indipendentismi». Il dito è puntato contro il sistema fiscale che trattiene nelle casse di Roma praticamente tutte le tasse pagate dai residenti, cosa che si traduce in trasferimenti pari a zero o addirittura negativi, e che impone pesanti limiti alla possibilità di spesa, a cominciare dall'ormai famoso Patto di stabilità. «Un metodo immorale - scrivono i sindaci - che crea profonda ingiustizia consolidando e incentivando lo spreco e la mala gestione finanziaria a carico dei Comuni virtuosi».
Come se ne esce? Una sessantina di primi cittadini trevigiani, con il placet di quelli delle città capoluogo del Veneto, hanno consegnato la loro ricetta nelle mani di Zaia e in quelle del governo già un paio di mesi fa. Tre i punti fondamentali: fondo perequativo regionalizzato, esclusione dal Patto di stabilità di tutte le spese per la sicurezza e autonomia impositiva con entrate proprie, stabili e certe, a partire dall'intero gettito Imu, dalla Tasi e dall'addizionale Irpef. Suggerimenti che, complici le elezioni, per ora sono rimasti lettera morta. «Senza un accordo su tali punti - mettono in chiaro - si continua ad alimentare un diffuso malcontento anti-statale». «In occasione della festa del 2 giugno rinnoviamo l'appello allo Stato affinché vengano recepite le proposte avanzate nel Manifesto dei sindaci - concludono - anche per evitare motivi ulteriori di contrapposizioni fra componenti della Repubblica e conseguenti manifestazioni di insofferenza finora contenute di ambito puramente dialettico». Se non si farà niente, insomma, arriveranno le proteste di piazza. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino