Militare ucciso a 22 anni da vaccino anti-tifo: condannato il ministero

Francesco Finessi e la caserma Salsa di Belluno
BELLUNO - Dopo 10 anni di battaglie giudiziarie, la famiglia di Francesco Finessi, alpino di 22 anni di stanza alla Salsa di Belluno e morto nel 2002 per un "linfoma non...

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BELLUNO - Dopo 10 anni di battaglie giudiziarie, la famiglia di Francesco Finessi, alpino di 22 anni di stanza alla Salsa di Belluno e morto nel 2002 per un "linfoma non Hodgkin", ha ottenuto una sentenza storica contro il Ministero della salute: il giudice Alessandra De Curtis del tribunale di Ferrara ha riconosciuto, per la prima volta in Italia, un nesso di causalità tra il tumore e i vaccini fatti nel tempo durante il servizio militare di leva, "somministrati macroscopicamente in modo sbagliato dai medici". Il Ministero della salute ieri è stato infatti condannato a indennizzare la famiglia.




A novembre il processo penale per il caso Finessi si era concluso davanti al tribunale di Belluno con la condanna a tre anni di Nicola Marchetti, ufficiale medico del 16° reggimento Alpini di stanza alla caserma Salsa, per falso ideologico e falso materiale commessi da pubblico ufficiale in atti pubblici, per alcune visite mai effettuate sui soldati a lui affidati. In particolare, l'indagine metteva in relazione le mancate visite e un vaccino anti-tifo somministrato due volte a Finessi.



Erano state delle inchieste giornalistiche, per prime, ad occuparsi di questi casi. Da esse scaturirono diverse interrogazioni parlamentari, il cambiamento dei protocolli vaccinali di parte delle forze armate e anche la costituzione di diverse commissioni parlamentari.



«Questa sentenza storica - ha commentato ieri l'avvocato Francesco Ferruli che ha assistito la famiglia assieme al collega Antonio Boldrini - potrà essere applicata a tanti altri casi analoghi. È un segnale di giustizia e sancisce un principio: non a caso ho appena parlato con altri militari che, forti di questo pronunciamento, inoltreranno le proprie richieste».



Dal paese di Codigoro si dichiara soddisfatta, per quanto lo possa essere una mamma che ha perso un figlio, Santa Passaniti: «Tutti i nostri sforzi sono stati ripagati da questa sentenza che ha riconosciuto i danni da vaccino, come abbiamo sempre sostenuto: ora la nostra causa potrà aiutare tanti altri, visto che sono stati più di 3mila i militari morti e malati che non hanno mai messo un piede all'estero in missioni militari (dunque non soggetti a radiazioni di armamenti con uranio impoverito). I soldi? A me, mio marito e mio figlio non interessa il lato economico, in 10 anni abbiamo speso molto di più per cause, perizie, viaggi e ricerche di ciò che verrà risarcito». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino