Tutto è cominciato per caso. Un'ordinaria botta in allenamento, nulla di strano per un calciatore. Martino però provava un dolore diverso. E allora, là dove non basta il...
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Ieri abbiamo raccontato la vicenda di questo ragazzo feltrino, alto e coraggioso, alle prese da qualche mese con la lotta a una grave malattia. Oggi entriamo dentro la storia, grazie a mamma Ada, che ha contattato la nostra redazione, per capire e sapere, per condividere e raccontare.
Signora Ada, come sta suo figlio Martino?
«Insomma. Abbastanza... Alti e bassi. Certo, sta lottando».
Come avete saputo della malattia?
«Un colpo in allenamento. La prima lastra non evidenziò nulla, ma la successiva risonanza invece ci fece capire la gravità della situazione».
Ieri abbiamo scritto di una grave malattia: ci vuole dire quale?
«È un osteosarcoma».
Martino è uno sportivo, non ha neppure 20 anni, è alto, forte. Come sta reagendo alle cure?
«Affronta cicli di chemioterapia lunghi anche 72 ore. È molto debilitante, tutto questo. E la storia sarà lunga».
Cosa intende?
«Un anno di queste cure. E ci sarà anche un intervento».
Chi vi sta aiutando?
«Voglio ringraziare la Juventina Mugnai, la squadra, i dirigenti. La Juventina più di tutti, per quello che sta facendo. E anche la Feltrese».
Anche i medici che vi stanno vicino?
«Certo, la nostra dottoressa, Tiziana Boz, a Feltre. E il dottor Dal Molin, della Salus. Il fratello Marco gli sta vicino: ha 33 anni, vive a Vas, ha un ottimo rapporto con Martino. Ma poi ci sono due persone in particolare, da ringraziare».
Chi sono?
«Andrea Da Poian, perché ha insegnato a Martino a camminare nel suo percorso».
E l'altra persona?
«Gianfranco Tomat: ha insegnato a Martino a diventare quello che è».
Chi è Martino Zallot?
«Un lottatore, uno che non molla».
In ospedale, a Milano, ha incontrato Ranocchia.
«Certo, nel centro del professor Umberto Veronesi vengono spesso in visita i giocatori del Milan (anche il signor Galliani) e dell'Inter. Martino è tifoso della Juventus, ma queste cose fanno molto piacere».
Un'ultima cosa, Ada: avete bisogno di qualcosa?
«No, grazie. Ci arrangiamo. Ma una telefonata, una visita, ecco, queste cose aiutano. La solidarietà aiuta». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino