TRIESTE - Diciassette porta sfortuna? «No, è il giorno in cui è nata mia figlia», scherza Paolo Panontin. Ma è anche il numero di grandi Unioni comunali ipotizzato nella...
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Un numero del tutto provvisorio - mette le mani avanti l'assessore - anche perché attende la doppia verifica della presidente Debora Serracchiani e della maggioranza di Centrosinistra. Quel ch'è certo è che non si andrà molto lontani da questa "visione" e che la prospettiva di una Trieste metropolitana, magari aggregando Monfalcone e il suo hinterland, non è più da considerare come fumo negli occhi. Come dire che quel compatto voto negativo a suo tempo espresso dal Consiglio regionale potrebbe cambiare direzione di fronte a considerazioni di Realpolitik: i prossimi flussi di finanziamento europei e nazionali. In ogni caso, nella visione regionale, Trieste resterebbe il capoluogo di una Regione unitaria, in altre parole senza lasciare spazi a configurazioni bicefale con la "metropoli" da una parte e il Friuli dall'altra.
Ancora un elemento su Trieste: se sarà questo il suo futuro amministrativo e istituzionale, occorrerà cambiare la proposta di legge costituzionale trasmessa dal Consiglio Fvg al Parlamento per superare le Province? «Dobbiamo verificare l'eventuale conflitto normativo e se del caso intervenire».
Ma torniamo alle Unioni comunali, ragion d'essere della riforma. Si tratta di 50 articoli di legge piuttosto densi per consentire una partenza effettiva delle aggregazioni a tutto campo fin dal gennaio 2015, senza spese per la Regione ma anzi attivando economie di scala grazie all'aggregazione spinta dei servizi.
«Le regole generali sono semplici: una piena partecipazione dei Comuni agli ambiti territoriali per poter fruire al 100% dei trasferimenti di risorse dalla Regione», puntualizza Panontin. Ma in realtà si tratta di un falso problema perché «aggregarsi sarà obbligatorio».
Le norme disciplineranno la riattribuzione di funzioni fra Regione e Comuni anche nella prospettiva del dopo-Province e prima di tutto al fine di «rendere uniformi la qualità e l'accessibilità ai servizi assieme alla sostenibilità della spesa», va avanti l'assessore. La legge è chiamata anche a regolare l'adeguatezza degli organici (ridistribuiti) e delle dotazioni strumentali delle Unioni.
Ma con quali criteri si disegna la mappa degli ambiti? «Continuità territoriale innanzitutto - risponde Panontin - ma anche omogeneità, complementarietà, integrazione delle caratteristiche geografiche, demografiche, di mobilità». E poi «affinità oggettive sotto i profili ambientali, economici, socio-culturali e, non ultimi, infrastrutturali».
Se le regole generali valgono in pianura, la montagna friulana dovrà giocoforza fare eccezione: tutta la Carnia da una parte e Val Canale e Canal del Ferro dall'altra, giù fino a Venzone e probabilmente a Gemona.
Sul dettaglio della "mappa" Panontin sta ancora stretto: «Prima il confronto e la condivisione fra noi - taglia corto - e poi il testo di legge pronto per l'approvazione preliminare in Giunta regionale».
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Il Gazzettino