Guerra (Luxottica) critica le aziende italiane: hanno investito poco

Andrea Guerra, ad Luxottica
MONTEBELLUNA - Entra nella sala della biblioteca di Montebelluna, in arrivo da Parigi, maglioncino e pantaloni blu, zainetto in spalla. Tanto che uno degli organizzatori lo...

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MONTEBELLUNA - Entra nella sala della biblioteca di Montebelluna, in arrivo da Parigi, maglioncino e pantaloni blu, zainetto in spalla. Tanto che uno degli organizzatori lo avvicina, chiedendogli chi sia e se abbia bisogno di qualcosa. Andrea Guerra è il top manager di uno dei maggiori gruppi industriali italiani: 49 anni, dal 2004 amministratore delegato di Luxottica, azienda da 75mila dipendenti, 7 miliardi e mezzo di fatturato e 545 milioni di euro di utile. Un successo che ha contribuito a creare e di cui ha tratto beneficio: un mese fa ha venduto le sue stock-option, ricavandone un guadagno di 35 milioni.


Stile informale, pure nel dibattito «Fare impresa a Nordest oggi», promosso dal locale circolo del Pd, di cui è protagonista insieme a Siro Badon, presidente dei calzaturieri della Riviera del Brenta. Ma concetti «pesanti» e controcorrente. Sulla crisi: «Il mondo offre gigantesche opportunità: negli ultimi dieci anni, 3-4 miliardi di persone si sono affacciate ai consumi e le tecnologie sono a disposizione di tutti. Nella storia, non c'è una generazione imprenditoriale che può dire di avere un contesto tanto favorevole». Sulle difficoltà: «Non mi sentirete mai dire 'piove, governo ladro. Abbiamo vissuto un quindicennio in cui la volontà di costruire alibi è stata incredibile». Sulla stessa classe imprenditoriale italiana: «Si parla della Germania. Andiamo a vedere quanto hanno investito gli imprenditori tedeschi e quanto gli italiani, quanti, invece, hanno preferito comprarsi la Ferrari, la casa in Sardegna o un pezzo di giornale».

Il segreto di Luxottica? Sono due. Primo: «Fin da subito ha pensato globale, ha considerato il mondo la sua arena. Alla fine degli anni '80 Leonardo Del Vecchio (il fondatore, ndr) fatturava 200 milioni e parlava l'inglese così così, ma è andato a quotarsi a New York. Poi, ad un certo punto, ha lasciato le deleghe operative ed ha fatto il presidente. Un ruolo importantissimo, ma che invece gli imprenditori italiani considerano una tomba». Secondo: «Siamo un'azienda noiosa: da 52 anni facciamo sempre e solo la stessa cosa: occhiali». Il gruppo agordino ha dato vita ad un modello all'avanguardia anche nelle relazioni con i lavoratori. «Non regaliamo nulla, non c'è mamma-Luxottica, ma un rapporto ben preciso. Chiediamo molto, ad esempio tantissimi sabati, perchè gli occhiali da sole sono un prodotto stagionale, come il panettone e il pandoro. Ma siamo consapevoli che per chiedere, bisogna prima dare». Un modello replicabile? «In Italia si commette l'errore di confondere le relazioni industriali con le relazioni della Fiat: sono cose diversissime».

Guerra spiega che spesso, all'estero, non si è sentito orgoglioso di essere italiano («Eravamo un paese in cui la strada preferita era sempre la scorciatoia») e che il made in Italy è un patrimonio eccezionale («Ma deve essere ciò che è prodotto qui, compresi componenti e manodopera»).


Renzi l'avrebbe voluto ministro: «Una discontinuità era fondamentale, e sinceramente non era complicata. Siamo in un lungo percorso di evoluzione. Renzi ce la farà? Io spero di sì». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino