Friuli, la teoria di Cecotti

Friuli, la teoria di Cecotti
MERETO DI TOMBA - L'autonomismo friulano se non esistesse Sergio Cecotti, dovrebbe inventarlo. Una riflessione "amara" per certi versi, visto che significa assegnare ad una...

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MERETO DI TOMBA - L'autonomismo friulano se non esistesse Sergio Cecotti, dovrebbe inventarlo. Una riflessione "amara" per certi versi, visto che significa assegnare ad una singola personalità i destini di un movimento, ma così è. La riprova giovedì sera nella serata conclusiva di quel "Laboratori di autonomie" che, partito dall'iniziativa di 12 sindaci friulani, ha raccolto nell'arco di 5 lezioni sempre più consensi per numero di partecipanti e per l'attenzione suscitata nel mondo politico regionale.

Il fisico, già presidente della Regione, sindaco per due mandati di Udine, ideatore di Convergenza per il Friuli, non ha avuto dubbi nello spazzare via ogni residuo del vecchio dibattito "friulanista".
«Non possiamo - ha detto nel suo intervento- trovarci a discutere, ricominciando da dove ci siamo lasciati senza osservare che la velocità con cui avvengono i fenomeni è cambiata, come del resto gli avvenimenti che caratterizzano l'Europa di oggi, dove la concezione di Stato - Nazione, dell'accordo tra governi, sta fallendo nella sua missione originaria di unità» «I popoli non credono a questo tipo di Unione europea, di cui stanno drammaticamente pagando le conseguenze- ha sottolineato Cecotti- e di conseguenza sono estremamente critici verso i propri governi, le istituzioni stesse».
Due gli elementi che secondo il "sindic" manifestano con chiarezza questa realtà: da una parte il voto scozzese per l'indipendenza, il referendum in Catalogna e dall'altra il sondaggio recentemente pubblicato su di un quotidiano che attribuisce agli abitanti del Friuli-Venezia Giulia oltre il 60% di consensi all'indipendenza. Con queste premesse Cecotti è lapidario: «O nei prossimi anni questo "vuoto politico" sarà riempito da una presenza autonomista o sarà qualchedun altro a farlo». La teoria dunque è annunciata: per il Friuli indipendenza senza secessione con la barra dritta verso l'Europa, per cambiarla in positivo e democratico, oppure sarà "il deserto dei tartari" con conseguenze drammatiche per le nuove generazioni.
Al tavolo dei relatori, moderati dal giornalista Carlo Puppo, stanno anche Marzio Strassoldo, Alessandro Carrozzo, Federico Simeoni e il capogruppo Pd in Regione Cristiano Shaurli. Ed è di fatto questi l'interlocutore principale dell'analisi cecottiana. È con la forza rappresentata oggi dalla presidente Serrachiani che un eventuale presenza elettorale dovrebbe confrontarsi: come alleati di governo, ma allora dovrebbero cadere quelle fortissime componenti centraliste che dominano il pensiero renziano, oppure come concorrenti alla leadership del governo regionale. Shaurli non si sbilancia, anche se avverte con rammarico "un progressivo affievolirsi della questione autonomia nel dibattito politico generale»
Da parte sua Cecotti non ha dubbi: i voti ci sono a patto che il programma e chi lo propone sia credibile e affidabile. Usa il termine "utile" per descriverne le peculiarità.
Il pubblico, conquistato da questa ventata di "ottimismo" chiede quale possa essere il primo passo da compiere. «C'è bisogno - chiude un pimpante Cecotti- di una nuova classe dirigente friulana, giovane e preparata».

E la sala già si interroga: «Alle elezioni regionali mancano tre anni, basteranno?»
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Il Gazzettino