ROVIGO - Un drone per rilevare i reati venatori nel Delta. Già qualcuno starà pensando: ci mancava solo questa! Eppure pare stia andando proprio così. Ci aveva pensato...
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Il primo a lanciare l'allarme sul "colpo di genio" come lui stesso l'ha definito, è stato Saverio Bersanetti, bolognese di nascita, deltino d'adozione, profondo conoscitore di ars venandi quanto osservatore, difensore e fustigatore di tutto ciò che inquina, svilisce o deprime le tradizioni venatorie locali.
Punti sul vivo dalla curiosità, una verifica all'Ufficio Caccia è stata d'obbligo: centro! Carniere pieno e via andare. Ovviamente riserbo a mille, ma l'espressione nelle risposte del capo area Vanni Bellonzi e della comandante della Polizia provinciale Monica Attolini hanno aperto più di uno spiraglio nella consegna del silenzio. Insomma, la presenza del drone non è stata confermata, ma dichiarazioni come, testuale, «Non possiamo dire niente ma qualcosa dal magazzino potrebbe saltare fuori», selezionano al dettaglio il campo delle ipotesi.
E qui si apre la partita dell'utilizzo, dell'utilità e dei costi annessi e connessi. Parola a Bersanetti che la sa lunga: «Ma cosa ci azzecca con il controllo venatorio - chiede il nostro esperto - un drone che sorvola il Delta a 2-300 metri di altezza, pur munito di telecamera? Forse scende nelle postazioni di caccia a chiedere documenti e fare rilievi? E quando ci sarà nebbia, pioverà o tirerà forte vento, clima da bracconieri esperti, cosa farà il fantomatico drone? Anche con il bel tempo non sarà di alcuna utilità. Diventerà invece un vantaggio per i cacciatori e una maledizione per la selvaggina. La spaventerà facendola involare dai luoghi riparati verso gli appostamenti dove i cacciatori avranno gioco facile». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino