«Schiacciato com'ero, ero certissimo di morire». Spolaore ricorda l'Heysel

Cominciò così, in allegria e amicizia coi tifosi inglesi
BASSANO - A trent'anni esatti dalla strage dello stadio Heysel di Bruxelles del 29 maggio 1985 il tragico evento viene ricordato da tuttu i media. Tra le 39 vittime anche due...

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BASSANO - A trent'anni esatti dalla strage dello stadio Heysel di Bruxelles del 29 maggio 1985 il tragico evento viene ricordato da tuttu i media. Tra le 39 vittime anche due bassanesi, l'imprenditore Mario Ronchi e il dentista Amedeo Spolaore, quest'ultimo a Bruxelles in compagnia del figlio Giuseppe il quale, miracolosamente scampato alla strage di cui rimase invece vittima il padre, riporta una viva testimonianza di quanto accadde quella maledetta notte.




Lei era appena quattordicenne quando si verificò la strage che oggi riesce - quasi per miracolo - a raccontare. Cosa ricorda di quella sera?



"In realtà siamo in molti ad essere tornati a casa e, quindi, se di miracolo si vuol parlare, va detto che esso coinvolse un gran numero di persone. Tutto accadde molto in fretta, in maniera quasi rocambolesca, e la consapevolezza del fatto che stava capitando qualcosa fuori dall'ordinario era vivissima. Ho pensato di morire: la pressione della gente che mi sovrastava era talmente forte da aver radicato in me la certezza che non sarei sopravvissuto a lungo in tali condizioni".



Poi, invece, è scampato alla strage, al contrario di suo padre. Che ricordo ha di lui e cosa ha raccontato ai suoi figli e nipoti riguardo al nonno?



"Mio padre era un gran lavoratore, un uomo rigoroso ed intelligente, nonché impegnatissimo a gestire i suoi tre studi dentistici e, in generale, l'attività professionale. I miei figli e quelli delle mie sorelle, Elena e Francesca, sanno di avere un nonno in meno, ma non abbiamo mai parlato di lui in maniera particolare anche se, immagino, le mie nipoti più grandi conosceranno la sua storia per averla sentita raccontare".



Cosa pensa del fatto che appena dopo la strage venne disputata la partita, mentre ancora si lavorava a fare il conto delle vittime?



"All'inizio la cosa mi fece molta impressione, anche se, per scelta, non mi son mai preoccupato di approfondire la vicenda. In seguito, sentendo dire che le squadre avevano giocato per rispettare un codice di sicurezza, ho realizzato che forse questa poteva rivelarsi una giustificazione adeguata, e ho quindi parzialmente cambiato la mia visione delle cose".



Come ha reagito sua madre, Alberta Bizzotto, alla tragedia che ha colpito la vostra famiglia?



"Mia madre è sempre stata una donna estremamente vicina ai suoi figli, nonché molto attiva sia in ambito parrocchiale - era catechista nella parrocchia di Santa Maria in Colle - sia nei vari organismi rappresentativi, tra cui quello scolastico. Dopo la morte di mio padre ha acquisito una nuova e profonda consapevolezza di sé che l'ha portata ad impegnarsi con totale dedizione anche in ambito politico, forse proprio per riempire il vuoto lasciato dalla scomparsa del marito. Credo che, quindi, le sia venuto piuttosto naturale accettare la richiesta di candidatura per l'allora Dc, attivandosi pienamente anche dal punto di vista civico".



Da sopravvissuto dell'Heysel, qual è oggi il suo rapporto con lo sport? È mai più entrato in uno stadio?



"Sono sempre stato un grande appassionato di sport e, quindi, posso dire di non essermi portato dietro dal 1985 particolari traumi se non quello di un certo timore qualora mi salgano addosso delle persone, situazione alla quale forse reagisco in maniera più forte rispetto alla media. Allo stadio ci son andato più volte, anche se all'Heysel non son più tornato, e non per paura di risvegliare ricordi dolorosi, ma solo perché non ne ho mai avuto l'occasione".



Cosa pensa del fatto che sia stato scritto un libro in memoria della strage dell'Heysel e, quindi, anche di suo padre?



"L'iniziativa, chiaramente, fa piacere. Tuttavia, a dirla tutta, io non ho mai parlato volentieri della vicenda, ho sempre cercato il silenzio, forse quale forma difensiva per quanto ci è successo. Il ricordo è importante e lo valuto positivamente, ma è senz'altro mia madre ad esservi legata maggiormente e con più fervore". Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino