VENEZIA - «Il Consorzio fino al 2003 non sapeva come spendere i soldi, si è inventato barene, rive, si inventava il lavoro singolo in giro per la laguna». Lo afferma in...
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Baita, nell'interrogatorio, spiega più nel dettaglio ai magistrati perché, con le opere vere e proprie del Mose, fosse cambiato il rapporto tra Consorzio e imprese più piccole: «All'inizio - racconta l'ex manager - non si sono accorti, perché i lavori preparatori assomigliavano molto a quelli dei chioggiotti (lo scavo), poi quando sono cominciati a entrare in campo i cassoni e soprattutto gli impianti, di colpo chi credeva di avere una sinecura al Consorzio si è trovato senza lavoro e con le barche ferme».
«Mazzacurati - prosegue Baita - è sempre stato il garante di questo mondo che si opponeva ai tre grandi soci che cercavano di monopolizzare il Consorzio (Mantovani, Fincosit, Condotte ndr)». Le dichiarazioni di Baita - che figurano tra carte messe a disposizione delle parti e già vagliate dal gip - forniscono altri elementi che spiegano come costi e bandi dei lavori del Mose fossero "addomesticati" dal Cvn. L'ex ad di Mantovani cita il caso dei lavori fatti per altre amministrazioni, come l'Autorità portuale, dalle stesse aziende del Cvn. Mazzacurati - sostiene Baita - «non gradiva la competizione dura», perché ribassi troppo elevati rendevano evidente «l'incongruità del prezzo del Consorzio». «Cioé la stessa impresa che per il Consorzio - esemplifica Baita - scava a sette euro al metro cubo, e poi vince una gara a tre euro al metro cubo» fa capire che «da una delle due parti c'è qualcosa che non torna». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino