Justine Mattera ricattata su Facebook, per i giudici è «come tentata estorsione»

Justine Mattera ricattata su Facebook, per i giudici è «come tentata estorsione»
I ricatti online a Justine Mattera sono riconducibili a «tentata estorsione». Lo spiega la quarta Corte d'Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza di...

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I ricatti online a Justine Mattera sono riconducibili a «tentata estorsione». Lo spiega la quarta Corte d'Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza di condanna a un anno e due mesi per Antony Repici, il giovane originario di Messina che spacciandosi per il pornostar Franco Trentalance è riuscito a chattare su Facebook con la showgirl per poi cercare di costringerla a «spogliarsi» e a ottenere «prestazioni sessuali online» attraverso un «fittizio profilo Skype» minacciando, in caso contrario, di rendere pubblici «i contenuti delle conversazioni» su Fb «ritenuti compromettenti».


Nelle motivazioni della sentenza di condanna con rito abbreviato - per il quale c'è uno sconto di un terzo della pena - la Corte spiega che la vicenda è
«accostabile a tentata estorsione». Repici, nella seconda metà del 2011, si era finto il ciclista Filippo Pozzato per agganciare la scrittrice di romanzi Irene Cao. Per lui, di cui senza «dubbio» viene affermata la responsabilità penale, le accuse sono sostituzione di persona e violenza privata.


Nel suo provvedimento la Corte ha spiegato, tra l'altro, che «è ben vero che la pena-base (quella 'lordà da cui scalare un terzo, ndr.) si discosta significativamente dal minimo edittale» pensato dal legislatore per il reato di violenza privata, «ma ciò si giustifica per le connotazioni 'in fattò del caso che lo rendono accostabile», riguardo all'episodio in cui è stata vittima la show girl, alla più grave tentata estorsione. E questo perché, scrive la Corte, «la minaccia di diffondere in rete imbarazzanti colloqui personali, accompagnati da eloquenti videoriprese a contenuto erotico, non solo lede (...) la sfera sessuale della persona ma rende l»intimazionè gravemente ed efficacemente« vessatoria »perché il sotteso potere ricattatorio amplifica la lesione toccando altri ambiti della libertà di autodeterminazione«. I giudici, però, hanno ridimensionato la pena, diminuendola di sei mesi rispetto al primo grado, per i fatti meno gravi.
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Il Gazzettino