FaceApp è tornata. Da qualche giorno l’app russa diventata virale lo scorso anno imperversa nuovamente sugli smartphone degli italiani. Stavolta però non...
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Così i vari social network, complici i Vip che hanno iniziato a diffondere la moda, si sono riempiti - è il caso di dirlo - di foto del genere. A guidare l’invasione è ovviamente la curiosità. Per gli italiani sembra impossibile resistere al richiamo di una versione diversa e giù pronta di se stessi. Senza pensarci troppo infatti, nonostante le polemiche sulla privacy che l’anno scorso avevano travolto l’app, in migliaia l’hanno scaricata sul proprio smartphone. Una corsa al download che ha suscitato l’indignazione di molti che hanno confrontato il fenomeno con il caso di Immuni. In pochi giorni l’app per il tracciamento in ottica anti-contagio è stata superata in vetta alle classifiche sugli store digitali di Android e iOS. Una beffa se si pensa alle settimane di discussioni sulla privacy che hanno accompagnato l’applicazione sviluppata dalla software house milanese Bending Spoons su indicazioni del ministero per la Salute, del dipartimento per l’Innovazione e dell’autorità garante per la Privacy.
LE POLEMICHE
FaceApp invece è stata realizzata da Wireless Lab. Si tratta di una società con sede a San Pietroburgo e guidata da Yaroslav Goncharov, ex dirigente di Yandex (il principale motore di ricerca in Russia) che l’anno scorso era finita al centro di una lunga serie di polemiche senza fine. La principale accusa mossa all’app riguardava la gestione delle informazioni raccolte. FaceApp infatti, per poter modificare le nostre immagini, richiedeva - e richiede ancora - di accedere all’intera galleria dello smartphone e quindi a tutte le foto scattate. Una prassi per le applicazioni di questo genere che però aveva fatto saltare sulla sedia gli esperti dato che l’app russa non forniva alcun dettaglio su come venissero conservate le informazioni. Il timore quindi era che le foto venissero vendute a società che usano l’Intelligenza Artificiale per apportare modifiche al riconoscimento facciale. In sostanza gli utenti stavano fornendo un database molto vasto con le proprie immagini ad una società con sede in un Paese non propriamente affidabile in tal senso e che avrebbe potuto utilizzare le foto per fini sconosciuti o pericolosi.
LE SPIEGAZIONI
Timori che in realtà FaceApp pensava di aver fugato già l’estate scorsa quando, proprio in risposta a queste polemiche, aveva assicurato che i dati degli utenti non solo non vengono condivisi con terze parti ma non neppure vengono trasferiti in Russia.
Il Gazzettino