Ucraina, corre a salvare la madre e il fratello della moglie: Alberto torna con 40 profughi

«Lungo la strada mi hanno chiesto aiuto donne e anziani: non potevo dire di no»

Ucraina, corre a salvare la madre e il fratello della moglie: Alberto torna con 40 profughi
Era partito con un amico e cinque taniche di gasolio, alla guida di un Ford Transit da otto posti. Obiettivo: recuperare in Ucraina la madre e il fratello della moglie bloccati...

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Era partito con un amico e cinque taniche di gasolio, alla guida di un Ford Transit da otto posti. Obiettivo: recuperare in Ucraina la madre e il fratello della moglie bloccati sotto le bombe a Kharkiv. Dopo una settimana si è ritrovato alla guida di un convoglio di cinque mezzi con quaranta donne, bambini e anziani in fuga dalla guerra. Al confine con la Romania c’era ad aspettarli un autobus affittato per portare tutto il gruppo in salvo, a Vienna. «Come facevo a lasciarli là sotto le bombe? Semmai il difficile è stato scegliere chi portare con me, ho deciso sulla base delle situazioni personali, verificando chi avesse più bisogno». Lui è Alberto Andreani, ha 58 anni, per anni è stato poliziotto della squadra mobile di Firenze. Poi ha lavorato in missioni internazionali in Cambogia, Armenia e Georgia, solo per fare alcuni esempi, nell’Ois, organizzazione che si occupa di immigrazione, poi con l’Osce (sicurezza e cooperazione). Oggi abita a Vienna, con la moglie ucraina e i figli. Ma dal 24 febbraio, da quando è iniziata l’invasione russa, ha capito che non poteva restare seduto in salotto.

MISSIONE

Racconta mentre sta passando il confine tra Romania e Ungheria nella strada del ritorno: «Già una settimana prima di questo viaggio mia moglie ed io eravamo andati alla frontiera per aiutare chi fuggiva dall’Ucraina, sei di loro oggi sono a casa mia, a Vienna. La madre e il fratello di mia moglie però erano ancora a Kharkiv, una città purtroppo dove ogni giorno ci sono i bombardamenti». Da Vienna la moglie di Andreani implorava al telefono la madre di lasciare la città, di mettersi in salvo, ma lei, ormai disperata e scoraggiata, rispondeva: non cercarmi più, considerami morta. A quel punto Andreani ha deciso di partire di nuovo. Obiettivo: arrivare non più fino al confine, ma oltre, fino al cuore dell’Ucraina. «Ma non ho improvvisato il viaggio, in tanti anni di esperienza in polizia e in missioni internazionali mi sono costruito una rete di relazioni. Così in questa operazione ho avuto 90 esperti di vari settori che mi seguivano con il Gps, organizzati in quattro chat differenti, mi spiegavano come muovermi dal punto di vista logistico, come evitare le zone più a rischio, i bombardamenti». Non è andata sempre bene: a un certo punto il team di esperti di Andreani, sconsiglia una zona pericolosa e propone di dirigersi a Vinnytsia, nel centro dell’Ucraina. «Appena siamo entrati, i russi hanno bombardato proprio quella città. Abbiamo sentito il frastuono dei missili che hanno colpito l’aeroporto, siamo corsi nei rifugi». In Ucraina da quando è cominciata l’invasione russa si è creata una rete di furgoncini che aiuta le persone a lasciare il Paese.

IL TEAM

«Abbiamo pensato che fosse più saggio fermarsi a Vinnytsia e far convogliare in quella città gli autisti che da altre zone accompagnavano le persone che dovevamo portare fuori dall’Ucraina, a partire da mia suocera e mio cognato». Il problema è che Andreani va al supermercato e incontra un anziano solo che deve fuggire; passeggia per strada e gli chiede aiuto una donna sola che vuole portare al sicuro i due figli piccoli; lo avvicina una signora cardiopatica e decide di dare un posto verso il confine anche a lei. «Rapidamente il convoglio è cresciuto. Dietro al mio furgone, mano a mano, si sono aggiunti altri mezzi». Totale: in 40 in fuga dall’Ucraina. «Si è messo al lavoro il team delle chat. Ci sono esperti legali e amministrazione. Vogliamo organizzare l’accoglienza, e la regolarizzazione di queste persone, individuare le case dove possono essere accolti. Dodici vengono da me, a Vienna. È stato un viaggio lunghissimo, ci siamo riposati solo quando abbiamo passato il confine in Romania e ci siamo regalati due notti in hotel».


 

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Il Gazzettino