Ucraina e Moldavia nella Ue, il Consiglio Europeo avvia i negoziati per l'adesione. Orban non era in sala. Zelensky: «È la nostra vittoria»

Alla decisione del Consiglio «nessuno ha obiettato». Michel: «Decisione storica»

Ucraina e Moldavia nell'Ue, il Consiglio Europeo ha deciso avvio negoziati per l'adesione. Zelensky esulta: «Vittoria di tutti»
Viktor Orbán lascia la sedia vuota, gli altri 26 votano. Arriva così, con un espediente formale per bypassare il veto dell’Ungheria, il colpo di scena: il...

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Viktor Orbán lascia la sedia vuota, gli altri 26 votano. Arriva così, con un espediente formale per bypassare il veto dell’Ungheria, il colpo di scena: il sì dei leader Ue all’apertura dei negoziati di adesione all’Ue con l’Ucraina (e la Moldavia). «È un momento storico che assicura la credibilità e la forza dell’Unione europea», commenta pochi minuti dopo il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Esulta anche il leader ucraino Volodymyr Zelensky, parlando di «vittoria per l’Ucraina e per l’Europa»: «La storia è fatta da coloro che non si stancano di combattere per la libertà». 

 

 

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Il via libera

La fumata bianca, alle 18.25, coglie tutti di sorpresa quando la discussione vera e propria sull’allargamento al summit è cominciata da poco più di tre ore. Ma la trattativa serrata era iniziata di buon mattino, ritardando lo stesso avvio del summit e andando avanti per otto ore. Prima l’incontro ristretto tra Orbán, Ursula von der Leyen, Michel e i leader di Francia e Germania Emmanuel Macron e Olaf Scholz, poi lo scambio a margine con la premier Giorgia Meloni. Fino alla scelta di abbandonare la sala multicolore dell’Europa Building, nel momento in cui Michel pone, come di consueto, ai capi di Stato e di governo la domanda se ci sono obiezioni all’adozione delle conclusioni che segnano un tassello in più nel processo di ingresso di Kiev nell’Ue. Nessuna mano alzata: la decisione è approvata. Di fatto un’astensione: una mossa «concordata e costruttiva», riferisce una fonte diplomatica. Il premier di Budapest non ha tuttavia perso tempo per tornare a tuonare sui social: «Avviare i negoziati di adesione con l’Ucraina è una pessima scelta. L’Ungheria ha deciso di non prendervi parte». L’assenza strategica non cambia il risultato finale, ma minaccia di complicare le prossime tappe, perché per proseguire nell’iter dell’adesione la palla tornerà al plenum dei Ventisette, e Orbán potrà decidere in ogni momento di tirare nuovamente il freno a mano. 

 

 

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La luce verde all’apertura dei negoziati con l’Ucraina e la Moldavia, un anno e mezzo dopo la presentazione della candidatura seguita di pochi giorni all’inizio dell’invasione russa, si accompagna ad altri due passi avanti nel capitolo allargamento: alla Georgia, il terzo Paese dello spazio post-sovietico in fila, viene concesso lo status di candidato. Per la Bosnia-Erzegovina, invece - dossier prioritario per l’Italia - le conclusioni prendono l’impegno di «avviare i negoziati una volta raggiunto il necessario grado di conformità ai criteri di adesione», e rinviano a marzo, quando «la Commissione dovrà riferire in merito ai progressi, con l’obiettivo di prendere una decisione» in quella sede. 
 

 

 

Meloni: «Ruolo di primo piano dell'Italia»

Per la premier Meloni, la giornata porta con sé «un risultato di rilevante valore per l’Ue e per l’Italia, giunto in esito a un negoziato complesso in cui la nostra nazione ha giocato un ruolo di primo piano nel sostenere attivamente sia il “trio orientale” sia la Bosnia-Erzegovina e i Paesi dei Balcani occidentali». Sul tavolo del Consiglio europeo per una lunga notte di trattative rimane, però, un altro spinoso dossier, intrecciato a doppio filo con quello ucraino: l’aumento del bilancio pluriennale dell’Unione fino al 2027, all’interno del quale si collocano pure i nuovi 50 miliardi di euro di aiuti per Kiev. «Il dibattito è difficile», ha tagliato corto Michel in serata, pur dicendosi ottimista su un possibile accordo. 

 

L'altro fronte

A bloccare l’intesa c’è ancora una volta Orbán. Ma quando si parla di finanze pubbliche l’ungherese non è da solo, e i frugali - dai tedeschi agli olandesi - vogliono operare ulteriori sforbiciate alle risorse nuove per il budget comune, dopo aver ridotto la richiesta iniziale della Commissione da 66 a 22,5 miliardi. Le ipotesi di compromesso riguardano, da una parte, la creazione di uno strumento extra-bilancio a 26, di nuovo senza Budapest, per i finanziamenti destinati a Kiev. E, dall’altra, perlopiù aggiustamenti e trasferimenti tra le poste del bilancio esistente per stanziare fondi sugli altri temi, dalla migrazione, con Roma che potrebbe accettare i 9 miliardi in più attualmente in discussione, alla politica industriale, con l’opzione di concedere agli Stati maggiore flessibilità nell’utilizzo dei fondi di coesione già stanziati, senza cioè la quota di cofinanziamento nazionale. 

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Il Gazzettino