Ucraina, lo spettro dell'atomica: Putin vuole annettere i territori occupati

Referendum dal 23 al 27 settembre in quattro aree. Bruxelles: una farsa

Ucraina, l’incubo nucleare: Putin vuole annettere i territori occupati
La parola d’ordine di Putin è “referendum”, ed è la risposta al contrattacco ucraino. Ma è giallo sul discorso che avrebbe dovuto...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

La parola d’ordine di Putin è “referendum”, ed è la risposta al contrattacco ucraino. Ma è giallo sul discorso che avrebbe dovuto annunciarlo, prima fissato per le 19 ora italiana, poi rinviato a oggi.

Registrato e “congelato”. Il mondo intero e tutti i giornalisti inutilmente in attesa, finché il megafono dello Zar e caporedattrice di Russia Today, Margarita Simonyan, ha scritto su Telegram: «Andate a dormire».

Uno dopo l’altro, i leader fantoccio filo-russi di 4 regioni nell’Est e Sud dell’Ucraina si erano appellati al Cremlino per avviare le procedure referendarie e chiedere l’annessione alla Russia. La decisione è cruciale perché porterebbe non solo a un’escalation verticale del conflitto, ma attraverso l’annessione anche a una legittimazione per Putin del ricorso all’arma nucleare per difendere i territori “formalmente russi”.

Prima di compiere il passo lo Zar ha bisogno di allineare tutti i tasselli, e magari tentare una trattativa sotterranea in extremis, come ventilato anche dal turco Erdogan. Forse, lo Zar sta cercando una via di fuga dignitosa dopo la controffensiva di Kiev. I referendum sarebbero di fatto la prova di una debolezza o fragilità di Putin, in quanto scudi per territori che presto potrebbero tornare sotto la giurisdizione ucraina, a forza di contrattacchi.

Il voto riguarderebbe il Luhansk e Kherson, occupati dall’esercito di Putin, ma anche Zaporizhzhia e il Donetsk, dove i russi stanno subendo i successi della controffensiva e stanno perdendo un controllo che già non era totale. In più, anche nella Crimea annessa da Mosca nel 2014 si prepara il voto. Tutto come base per la successiva unificazione alla Federazione russa, che consentirebbe a Putin di proclamare la vittoria e rivendicare la parte di Ucraina annessa come Russia, da difendere con ogni mezzo. I referendum si dovrebbero tenere da venerdì a martedì prossimo, e a Zaporizhzhia il 23 settembre.

Una svolta respinta da Usa e Ue come «inaccettabile». La Casa Bianca dichiara che nessuna «annessione illegale da parte della Russia sarà mai riconosciuta». 
A dar fuoco alle polveri sono proprio i governatori filo-russi che dalle zone occupate (o da Mosca) si rivolgono a Putin, secondo una palese regia centrale, e trovano subito risonanza nelle parole del ministro degli Esteri, Lavrov, per il quale coi referendum per l’unificazione alla Russia la popolazione «potrà decidere del suo futuro». Spiega il braccio destro dello Zar che «questo abbiamo continuato a dire dall’inizio dell’operazione militare speciale, e anche prima. La situazione attuale conferma che vogliono prendere in mano il loro destino». 


AUTO-DETERMINAZIONE
Quasi che i referendum fossero davvero la celebrazione di un processo di auto-determinazione. E ignorando le centinaia di migliaia di ucraini profughi di guerra. Putin risponde alle pressioni dell’ala oltranzista russa, nazionalista, rappresentata dai blogger militari. Nella stessa direzione va l’approvazione alla Duma, la Camera Bassa russa, degli emendamenti al codice penale che introducono concetti come “mobilitazione”, “tempo di guerra” e “legge marziale”.

Un giro di vite, che di fatto anticipa una mobilitazione parziale o generale a supporto delle forze russe impegnate in Ucraina, attualmente composte da militari demotivati e da volontari (guerriglieri di Repubbliche periferiche come la Cecenia, addirittura ex detenuti reclutati e scaraventati al fronte dall’organizzazione mercenaria Wagner). Sono previste severe punizioni per la mancata esecuzione degli ordini, la diserzione o la resa al nemico.

Appena ieri l’Institute for the Study of War di Washington aveva scritto, basandosi su report dei media bielorussi, che una delle unità di punta dell’armata russa del 1° Reggimento fucilieri motorizzati, è fuggita in massa dagli ucraini a Izyum. A provarlo le intercettazioni di comandanti che parlano di una ormai cronica «fatica fisica e morale». Non è un mistero che anche in altre occasioni le defezioni, le diserzioni e l’abbandono dei mezzi abbiano minato la capacità offensiva e difensiva dei russi, lavorati ai fianchi anche dalle azioni partigiane.

Corale è il rifiuto dei referendum da parte di Kiev e dell’Occidente. «Né dei falsi referendum, né mobilitazioni ibride cambieranno nulla», avverte il ministro degli Esteri ucraino, Kuleba. Stesso rifiuto da Macron, Scholz, dal ministro degli Esteri Di Maio, dalla Nato e dalla britannica Liz Truss. «Provateci, sarà interessante», incalza i russi il consigliere di Zelensky, Podolyak. 

 

 

Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino