Nessuno in Giappone potrà dimenticare quel 26 luglio del 2016 quando, in piena notte, Satoshi Uematsu, oggi 30enne, fece irruzione nel centro d'assistenza per disabili...
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Usa, spara e uccide un anziano in diretta su Facebook: caccia al killer in tutto il Paese
Mamma killer uccide i suoi 3 bambini disabili. «Volevo farli smettere di soffrire»
In quella notte l’uomo, ex dipendente della struttura, entrò nell’edificio del centro con uno zaino pieno di coltelli: legò un membro del personale e iniziò la carneficina, entrando nelle stanze dei disabili e uccidendoli nel sonno. Quando la polizia riuscì a far irruzione alle 3 di notte, Satoshi, che nel frattempo era fuggito, aveva già ucciso 19 persone.
L’assassino si presentò ore dopo alla polizia per costituirsi: nella macchina sporca di sangue gli agenti trovarono i coltelli con i quali aveva compiuto la strage. Sempre in quella notte, quando venne portato via per essere trasferito in carcere, abbassò il foglio che gli copriva il volto per mostrare il sorriso beffardo ai fotografi. A chi gli chiese perché aveva ucciso rispose che voleva «eliminare tutte le persone disabili perché sono portatrici di infelicità».
Da quella notte sono passati quasi quattro anni e adesso i pm chiedono che l’uomo venga condannato a morte. I suoi avvocati lo hanno difeso sostenendo che il loro assistito soffriva di un “disturbo mentale” legato all’abuso di marijuana, ma i pubblici ministeri hanno insistito sul fatto che Satoshi fosse in grado di assumersi la responsabilità dell’attacco, aggiungendo che la sua furia "disumana" non lasciava "spazio alla clemenza". Adesso è tutto nelle mani dei giudici: il prossimo 16 marzo il Giappone saprà se il killer pagherà con la vita per quel massacro che ha scioccato il Paese.
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Il Gazzettino