Trump: a Charlottesville colpe anche a sinistra. Nuova bufera sul presidente

Trump: a Charlottesville colpe anche a sinistra. Nuova bufera sul presidente
Il presidente assediato reagisce, mostra i denti, e insiste: a Charlottesville ci sono responsabilità da entrambe le parti «ma nessuno vuole dirlo». Donald...

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Il presidente assediato reagisce, mostra i denti, e insiste: a Charlottesville ci sono responsabilità da entrambe le parti «ma nessuno vuole dirlo». Donald Trump è travolto dalle critiche ma resta granitico, difendendo il suo ritardo nel condannare i neo nazisti al corteo in Virginia sfociato nel sangue e puntando il dito contro la 'alt-left' (la sinistra estremista) che, ha detto, condivide la responsabilità per la violenza.


Il Paese è sgomento e non sa come reagire. I repubblicani cominciano a smarcarsi, una a una le voci critiche si levano e si moltiplicano. Dirigenti d'azienda fanno un passo indietro, fino a costringere il tycoon a smantellare i forum economici da lui voluti alla Casa Bianca prima che tutte le poltrone restino vuote. E anche dall'estero, dagli alleati più stretti, giunge chiaro il rimprovero, dalla premier britannica Theresa May secondo cui «non si può mettere
sullo stesso piano chi ha visioni profondamente fasciste e chi si oppone a queste», alle critiche provenienti da Israele. «Quando si tratta di razzismo, antisemitismo e nazismo non ci sono mai due parti eguali. C'è Dio e c'è il diavolo. Punto», sentenzia anche l'ex ministro della Giustizia Tzipi Livni.

Intanto secondo indiscrezioni raccolte dal sito Axios Steve Bannon, lo stratega di Trump, sarebbe orgoglioso di come Trump ha gestito con la stampa il dopo Charlottesville e vede questo momento come «uno di quelli che ne definiranno la presidenza». È silenzio invece dai più stretti collaboratori di Trump di religione ebraica: sebbene secondo fonti citate dal New York Times il capo del consiglio economico nazionale Gary Cohn sarebbe «disgustato» e «profondamente turbato», pubblicamente nessun commento. Così come per il segretario al Tesoro Steve Mnuchin, il genero e consigliere Jared Kushner e la moglie Ivanka Trump convertita all'ebraismo.

Sta di fatto che le parole del presidente - pronunciate durante una conferenza stampa improvvisata - hanno scosso il Paese, rivelando anche definitivamente profonde spaccature tra i repubblicani, con nomi importanti che uno ad uno hanno cominciato a smarcarsi. «I gruppi suprematisti bianchi vedranno il fatto di avere solo la metà della colpa come una vittoria - ha scritto su twitter il senatore della Florida Marco Rubio - e non possiamo permettere che questo vecchio male resusciti». Gli fa eco lo speaker della Camera Paul Ryan: «Bisogna essere chiari. I suprematisti bianchi sono ripugnanti. Tale estremismo è contrario a tutto ciò in cui crede questo paese. Non ci può essere alcuna ambiguità morale». Fino ai due presidenti Bush: «L'America deve sempre denunciare l'intolleranza razziale, l'antisemitismo e l'odio in tutte le sue forme».

Ma è la corporate America che sorprende facendosi inedita bussola morale con la sua vigorosa protesta contro la

mancata chiara condanna da parte del presidente Trump verso i suprematisti bianchi: uno a uno i grandi capi azienda abbandonano il tycoon che li aveva voluti al suo fianco, in forum alla Casa Bianca volti a definire insieme la strategia per rendere l'America "di nuovo grande". Così i capitani di industria, da Walmart alla Campbell, non ci stanno e disertano in otto prima che Trump decida di sciogliere il consiglio manifatturiero della Casa Bianca e il forum su politiche e strategie economiche le cui poltrone vanno svuotandosi velocemente. Con un tweet: «Invece di fare pressione sulle persone del Manufacturing Council e Strategy & Policy Forum, li sciolgo entrambi. Grazie a tutti!».



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Il Gazzettino