In Spagna, lo scontro politico in parlamento è ormai una costante della dialettica tra governo e opposizione. E’ stato così fin dalla nascita della coalizione...
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LE DISUGUAGLIANZE
La Spagna è uno dei paesi europei con più alti livelli di diseguaglianza sociale, una situazione che eredita dalla crisi del 2008. Secondo dati Eurostat, in Spagna l’indice del Gini – che misura la diseguaglianza nella distribuzione di redditi e ricchezza – è di quasi tre punti superiore a quello medio dell’Unione Europea (il 30,8 contro il 33,2). Nel 2018, il tasso di rischio di povertà (famiglie ove il reddito disponibile procapite è inferiore al 60% del reddito medio nazionale) era del 21,5%, riguardando quasi 10 milioni di persone, un minore su quattro, 4 milioni di famiglie. Mentre, secondo l’indice AROPE (At Risk of Poverty and Exclusion, che oltre alla povertà relativa considera la bassa intensità di lavoro e la grave privazione materiale), la povertà nel 2018 interessava il 26,1% della popolazione spagnola. Una diseguaglianza nella distribuzione che si accentua nelle fasce di reddito più basse, producendo perciò livelli di povertà estrema molto elevati. A ciò si aggiungono ora le conseguenze socio-economiche della crisi pandemica, con la previsione in Spagna di perdite del PIL per il 2020 pari all’11,1% secondo l’OCSE (-14,4% in caso di seconda ondata epidemica), del 9,2% secondo il governo spagnolo. E un aumento del tasso di disoccupazione, per l’anno in corso, fino al 19%.
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Il Reddito Minimo Vitale approvato riguarderà 850.000 famiglie, circa 2 milioni e 300.000 persone, di cui il 30% minori di età, eliminando l’area di povertà estrema che attualmente interessa 600.000 famiglie, 1 milione e 600.000 persone. Come ogni misura della sicurezza sociale tesa a combattere la povertà e a favorire l’inclusione sociale e la partecipazione nel mercato del lavoro, il reddito minimo, che si configura come un diritto soggettivo, assume come base di riferimento l’unità familiare formata da uno o più individui. Fornirà pertanto un reddito compreso tra 461,5 e 1.015 euro mensili, dipendendo l’ammontare dalla numerosità e qualità dei componenti familiari (presenza di figli, famiglie monoparentali) e dal totale del reddito e patrimonio familiare (esclusa la casa di prima abitazione). La misura avrà carattere strutturale, sarà gestita dall’Instituto Nacional de la Seguridad Social, costerà attorno ai tre miliardi di euro e sarà compatibile con altre misure analoghe già esistenti a livello di Comunità Autonoma. Sarà riconosciuta alle persone richiedenti in situazione di vulnerabilità economica di età compresa tra i 23 e i 65 anni, residenti legalmente in Spagna da almeno un anno e avrà effetto retroattivo dallo scorso 1 giugno.
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L'APPROCCIO
Differentemente da istituti analoghi di altri paesi come il Reddito di Cittadinanza italiano, l’approccio è decisamente meno lavorista, nel senso che i richiedenti debbono essere iscritti alle liste di collocamento, ma la prestazione prevederà incentivi all’occupazione e sarà compatibile anche con bassi redditi di lavoro per evitare la cosiddetta “trappola della povertà”. La seconda peculiarità del Reddito Minimo spagnolo è che, essendo stato approvato successivamente alla crisi sanitaria, terrà conto anche delle situazioni di povertà createsi nel corso del 2020. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino