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L'attacco a Mosca è una ferita ancora aperta nel cuore della Russia, ma anche all'interno del Cremlino. Il sistema di potere cerca colpevoli all'esterno, soprattutto in Ucraina. Ma dietro questa caccia ai presunti mandanti, per il presidente russo Vladimir Putin si tratta di un momento di imbarazzo. Uscirne non è semplice secondo l'ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, diplomatico di carriera, già rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea e commissario Ue.
La reazione russa è quella di un Paese con un problema di sicurezza?
«La prima reazione è stata quella di attribuire la responsabilità dell'attentato all'Ucraina perché era il modo più semplice per usare ai propri fini un episodio che è un segnale di grande debolezza».
Di qui la scelta di alimentare la pista ucraina da parte dei servizi nonostante la rivendicazione dell'Isis...
«La sensazione è che lo stesso Putin abbia corretto il tiro, ammettendo che si trattava di un attentato dell'Isis con (del tutto presunte) complicità ucraine».
Cosa vuole fare il leader del Cremlino?
«È possibile che sfrutti questo attentato per aumentare la pressione militare sull'Ucraina.
Esiste una divergenza tra apparati?
«Il fatto che i servizi non avessero previsto un attentato di questo tipo indica delle enormi responsabilità. Anche perché è accertato che gli Usa avevano segnalato alle controparti russe il pericolo di attentati terroristici, per giunta di matrice islamica. Erano stati avvertiti del rischio. È evidente che in questo momento l'intelligence di Mosca è in difficoltà e in imbarazzo, e quindi cercano di dare alla parte debole, all'Ucraina, la responsabilità di tutto questo».
Un'immagine di fragilità in una Russia dove è al potere un uomo che proviene proprio dai servizi...
«Il Paese si è dimostrato fragile, ma non solo in occasione di questo attentato, ma anche prima. I servizi non avevano previsto la resistenza ucraina a fronte dell'offensiva russa. Non si trattava di servizi interni ma esterni. Tuttavia, quell'operazione era stata pianificata con l'idea di arrivare a Kiev in pochi giorni e di non subire resistenza. Cosa che invece, come vediamo da due anni, non si è verificata».
Le sembrano plausibili le ipotesi su un attentato utile al leader russo?
«Mi sembra una tesi abbastanza infondata. Un attentato che provoca così tanti morti e che mostra che la Russia è vulnerabile, sia agli occhi dell'opinione pubblica che del resto del mondo. Un danno auto-inflitto per scaricare la responsabilità sull'Ucraina mi sembra difficile. Continuo a credere che Putin, nonostante tutto, sia un animale politico estremamente razionale».
La reazione dell'Occidente come le è parsa?
«Solo un gruppo di leader vicini alla Russia ha inviato condoglianze a Putin. I leader occidentali hanno espresso il proprio cordoglio al popolo. Un fatto magari marginale, ma che la dice lunga sullo stato dei rapporti. Per l'Occidente, il timore di operazioni dell'Isis è alto, e questo attacco lo conferma. Che l'Isis-K avesse motivi per avere un obiettivo privilegiato nella Russia si sa, non solo per i malumori delle repubbliche islamiche dentro il Paese, ma anche per l'intervento in Siria. Ma tutti, anche noi in Occidente, siamo target di questa minaccia». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino