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BRUXELLES Le sanzioni occidentali fanno male alla Russia, che adesso si trova a corto dei microchip indispensabili alla sua industria civile e militare. Se il Cremlino nega all'Europa il gas, minacciando di ripristinare le forniture via Nord Stream soltanto una volta che l'Ue avrà sospeso le sue misure contro Mosca, c'è però un altro fronte della complessa guerra economica in atto nel Vecchio continente in cui è semmai l'Occidente a mettere alle strette la Russia. Negandole, cioè, semiconduttori, trasformatori, connettori, transistor, isolanti e altra componentistica tecnologica: tutti prodotti di aziende statunitensi, tedesche, olandesi, britanniche, taiwanesi e giapponesi a cui la Federazione russa e le sue imprese non hanno più accesso. Il portale Politico Europe ha visionato una delle liste della spesa stilate da Mosca, molto dettagliate nel riportare secondo tre diversi livelli di priorità i microprocessori prodotti, tra gli altri, da Intel, Micron, Infineon, AirBorn sui quali è caccia aperta, visto che la Russia non riesce a fabbricarli internamente, e pure i prezzi unitari che è disposta a pagare.
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Usa, Ue e alleati occidentali hanno infatti istituito regimi di controllo delle esportazioni in modo da impedire alle aziende di vendere potenziale componentistica cosiddetta dual use, utile cioè tanto alla manifattura civile quanto all'industria bellica. Spesso si tratta di restrizioni in vigore già prima dell'inizio dell'invasione dell'Ucraina, ma che negli ultimi mesi sono state ulteriormente rafforzate dalle sanzioni che prendono di mira l'export tecnologico verso Mosca in ambito energetico, militare e dei trasporti.
LA CARENZA
Resoconti dell'intelligence ucraina citati dall'amministrazione Biden durante le prime fasi della guerra, del resto, davano conto che in Russia ci si arrangiava recuperando i chip da frigoriferi, lavastoviglie e altri elettrodomestici, mentre gli equipaggiamenti militari più avanzati sono stati via via rimpiazzati da armamenti di epoca sovietica, in difficoltà a sostenere il confronto con le attrezzature più moderne che Ue e Usa hanno invece fornito a Kiev.
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L'IMPATTO
La fame di chip non è però isolata. Secondo un report a tinte fosche datato 30 agosto, interno e destinato a rimanere riservato, sono tanti i settori dell'economia russa che rischiano il tracollo. Lo scenario di stress per il Pil prevede un crollo dell'11% nel 2023. E a pagarne le conseguenze sono famiglie e imprese. L'impatto delle sanzioni sull'import potrebbe lasciare i telefoni russi senza Sim nel giro di 2-3 anni e far scomparire gran parte del pollame dalla tavola, mentre il settore farmaceutico rischia di vedersi tagliare l'accesso a quattro ingredienti su cinque.
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Il Gazzettino