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L’esercito ucraino continua a guadagnare terreno e, ora che le difficoltà delle truppe russe sono impossibili da nascondere, a Mosca è iniziata la resa dei conti. I siloviki - letteralmente “uomini della forza” o “uomini in divisa” – rappresentano l’élite politica formatasi all’interno dell’esercito o nei servizi segreti, chiamati a supportare le politiche prima del presidente Yel’tsin e poi di Putin, sotto il quale il loro numero e la loro importanza sono notevolmente accresciuti. Le rivalità fra le diverse fazioni degli apparati militari e della sicurezza non si svolgono più dietro le quinte, ma sono diventate pubbliche e con forti toni polemici. Tanto che alcuni hanno iniziato a prevedere se non la fine del regime o un colpo di Stato, come ipotizza Leonid Bershidsky, ex direttore di Vedomosti da anni rifugiato a Berlino, comunque cambiamenti ai vertici della Difesa.
Putin, i dissensi interni al Cremlino
A inizio ottobre si sono espressi contro la gestione dell’operazione militare speciale il presidente della Cecenia, Ramzan Kadyrov, il tycoon a capo della Wagner fucina di mercenari Evgeny Prigozhin, l’ex generale ora deputato Andrei Gurulev, Igor Girkin, noto anche come Strelkov, fra i primi a scendere in campo nel Donbass nel 2014. Ieri il numero due dell’amministrazione filorussa della regione di Kherson, Kirill Stremousov, si è scagliato contro il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu per i fallimenti delle forze di Mosca in Ucraina: «Molte persone dicono che, come ufficiale, il ministro della Difesa potrebbe semplicemente spararsi per essere colui che ha lasciato che le cose arrivassero a questo punto», si è infervorato in un video postato su Telegram proprio nel giorno in cui Kiev ha annunciato di aver liberato 400 chilometri quadrati nella regione di Kherson. Contrattacco che Stremousov nega sostenendo che le truppe russe «stanno resistendo» e che l’avanzata ucraina «è stata fermata». Tra i siloviki serpeggia il dissenso, come testimoniato da un reportage dei corrispondenti a Mosca del Guardian che hanno intervistato quindici tra ex funzionari del governo e della difesa, membri dell’esercito, osservatori politici, giornalisti, membri dell’opposizione e un detenuto in una prigione dove Prigozhin ha reclutato soldati. «L’invasione russa dell’Ucraina dura da sette mesi e ha gettato nell’incertezza l’élite dominante russa, agitata al suo interno da una crescente convinzione che la guerra non può essere vinta», scrive il Guardian.
Le mosse di Putin
Alcuni funzionari ambiziosi hanno colto un’opportunità nel caos, presentando al Cremlino le soluzioni per aggirare una guerra fallita, altri mentono sulle sorti del conflitto, cercando di mantenere il potere o evitare ritorsioni.
Capri espiatori
Questi affondi pubblici in Russia sono «nuovi, importanti e anche senza precedenti», sostiene il politologo russo Dmitry Oreshkin. Yevgenia Albats, giornalista investigativa russa ed editorialista del New Times che ha lasciato la Russia dopo essere stata minacciata, afferma che i suoi contatti tra i funzionari russi stimavano che almeno il 70% della nomenklatura è contrario alla guerra. Opinionisti televisivi come Margarita Simonyan e Vladimir Soloviev hanno criticato apertamente gli arruolamenti forzati, accusando i militari di fomentare l’instabilità nel Paese tentando di reclutare russi inabili al servizio. «La nostra gente non è stupida», avverte Andrei Kartapolov, ex generale dell’esercito e capo del comitato di difesa della Duma di Stato, imputando ai militari di mentire negli aggiornamenti quotidiani sulla guerra. «La popolazione sa che non viene loro detta la verità». Quanto al Cremlino, sottolinea il Guardian, è alla ricerca di capri espiatori, Shoigu e altri alti funzionari militari sono l’obiettivo più ovvio. «Ci sono sempre modi per scaricare le responsabilità - sottolinea un osservatore politico di Mosca - Se le sconfitte continuano Putin li licenzierà e tutti lo sosterranno. Dicendo che il presidente si comporta da duro, punendo i colpevoli».
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Il Gazzettino