Avvocato, lobbista per leader stranieri controversi e clienti russi, consulente politico di vari presidenti, da Gerald Ford a Donald Trump. C'è questo e molto altro...
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Nato nel 1949 in Connecticut, nonno di origini italiane, ottimi studi alla Georgetown University, Manafort fondò la sua società di lobbying nel 1980 con alcuni soci, tra cui Roger Stone, altro personaggio controverso nella scalata al potere di The Donald, protagonista di un documentario su Netflix e per ora solo sfiorato dal Russiagate.
Prima di approdare alla corte di Trump, Manafort aveva già collaborato con Gerard Ford, Ronald Reagan, George H.W. Bush. Fra i suoi clienti anche leader stranieri, generalmente poco inclini alla democrazia: dal dittatore delle Filippine Ferdinand Marcos a quello dell'ex repubblica democratica del Congo Mobutu Sese Seko, dal leader della guerriglia angolana Jonas Savimbi a Viktor Yanukovich, il presidente ucraino filorusso deposto dalla rivoluzione del Maidan. Proprio dai flussi di denaro arrivati da Yanukovich - circa 12 milioni di dollari - arriva una delle accuse di riciclaggio per Manafort, la stessa che lo portò alle dimissioni ad agosto 2016.
Pochi mesi prima, a marzo, Manafort era stato chiamato dall'amico Donald Trump per gestire la campagna elettorale. In particolare il suo compito era coordinare i delegati in vista della convention repubblicana. I due avevano già lavorato insieme. Manafort era stato assunto come consulente fiscale nella catena alberghiera e nei casinò del futuro presidente. Dopo il licenziamento di Corey Lewandoski, a giugno 2016 Manafort fu promosso a capo della campagna. Era lui a gestire il budget da 20 milioni di dollari, la pubblicità e la strategia mediatica dell'allora candidato repubblicano.
Fu in quella veste che Paul Manafort incontrò il figlio di Trump, Donald jr., e un'avvocatessa russa legata al governo di Mosca, che aveva promesso loro informazioni compromettenti su Hillary Clinton. Un incontro avvenuto alla Trump Tower di New York, su cui indaga il procuratore speciale Robert Mueller: su quel filo rosso si regge tutta l'impalcatura dell'inchiesta Russiagate, che potrebbe persino portare all'impeachment di Trump.
L'esperienza di Manafort con la campagna elettorale vincente di Trump si è conclusa il 19 agosto, dopo le rivelazioni sulla sua attività di lobbying a favore di Yanukovich. In precedenza Manafort aveva lavorato anche per l'oligarca russo Oleg Deripaska, considerato vicino a Putin, anche per promuovere gli interessi di Mosca nel mondo politico, economico e mediatico in Usa e in Europa. Attività che però Manafort faceva senza essersi mai registrato come lobbista, come invece prevede la legge americana.
Rick Gates non ha invece mai lasciato la campagna di Trump.
Il Gazzettino