Che ad avvelenare Alexei Navalny fosse stato il Novichok lo si è sospettato sin da quando al Charité di Berlino hanno ristretto il cerchio degli indiziati al gruppo...
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Come, peraltro, non è ben chiaro a nessuno poiché stiamo parlando di ricerche classificate di tipo militare. Il che rende il Novichok un veleno ideale. «Per essere chiari, molto di ciò che si sa di Novichok è una congettura», spiegava nel 2018 William Atchison, professore di Farmacologia e Tossicologia della Michigan State University. «Si basa sulle limitate informazioni fornite da due chimici russi, uno un disertore e l'altro accidentalmente avvelenatosi con una sostanza al Novichok. È morto, ma non immediatamente. E sono i suoi sintomi clinici ritardati ad aver formato la nostra comprensione di ciò che può accadere quando il decesso non è immediato». Se Atchison parla nel 2018 non è un caso. È l'anno in cui Serghei Skripal e sua figlia vengono avvelenati a Salisbury. Secondo le autorità britanniche, ovvero i massimi esperti di tossicologia del centro militare di Porton Down, a colpire l'ex agente dal KGB e Yulia è stato proprio il Novichok. Da quel momento in poi è scattato un ping-pong di accuse tra Gran Bretagna e Russia, mai del tutto finito. Per Londra la mano di Mosca era «altamente probabile».
Una formula sempre screditata dal Cremlino, che ha sempre accusato gli inglesi di non aver portato «prove» sostanziali a loro sostegno. Lo scenario potrebbe ripetersi. «Per evitare la responsabilità dell'incidente - e questa è la priorità del Cremlino rispetto a qualsiasi indagine trasparente - la Russia si concentrerà a far sì che la Germania mostri la sua mano: le prove concrete dell'avvelenamento», scrive in un bollettino R.Politik, il centro analisi della politologa Tatiana Stanovaya. «Ed è qui che le cose andranno come con gli Skripal. Mosca può accusare Berlino di non cooperare e di non fornire prove sufficienti o convincenti. E ciò che costituisce 'sufficiente' o 'convincente' è, ovviamente, relativo».
A giocare a favore di Vladimir Putin però c'è un fatto.
Il Gazzettino