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La decisione riguarda una ricorrenza liturgica e (apparentemente) solo la sfera religiosa eppure il passo epocale fatto dalla Chiesa greco cattolica dell'Ucraina di festeggiare il Natale il 25 dicembre e non più il 7 gennaio e l'Epifania il 6 gennaio e non il 19 segna una ulteriore distanza con Mosca, una presa di posizione contro il Patriarcato di Kirill legato a doppio filo con il Cremlino. A partire da quest'anno i greco-cattolici ucraini in tutte le parrocchie, nei monasteri e nelle chiese, avranno le stesse festività fisse di Roma e di tutto l'Occidente secondo il calendario gregoriano e non più secondo quello giuliano in vigore in tutto il mondo ortodosso. Lo ha dichiarato il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina Sviatoslav Shevchuk annunciando la decisione del Sinodo dei Vescovi della Chiesa greco-cattolica in merito alla riforma del calendario, una deliberazione che era nell'aria da qualche tempo ed è legata ovviamente alla guerra. Persino all’ombra del campanile si è scelto di prendere le distanze da tutto ciò che può rimandare all’invasore russo.
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«Tenendo conto delle numerose richieste dei fedeli e dopo le consultazioni preliminari con il clero e i monaci della nostra Chiesa circa l'imminente necessità di riformare il Calendario liturgico della Chiesa greco-cattolica in Ucraina, nonché tenendo conto delle ragioni pastorali». Shevchuk ha detto che per le parrocchie o le singole comunità che non si dichiarano pronte per tale passo c'è la possibilità di continuare come è sempre stato ma solo fino alla fine del 2025.
Nel documento ufficiale del Sinodo si legge che la modifica è stata adottata «tenendo conto delle numerose richieste dei fedeli e avendo condotto consultazioni preliminari con il clero e il monachesimo della nostra Chiesa circa l’urgente necessità di revisione del calendario liturgico». La riforma riguarda le solennità “fisse”.
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Il Gazzettino