Monaco, ecco chi era Ali Sonboly: il padre tassista, i bulli e la depressione

Non un terrorista 'classico', indottrinato da qualche ideologia jihadista o comunque estremista, ma un giovane con problemi psichiatrici e vittima di bullismo, con una...

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Non un terrorista 'classico', indottrinato da qualche ideologia jihadista o comunque estremista, ma un giovane con problemi psichiatrici e vittima di bullismo, con una passione per le stragi alla Breivik. È questo il ritratto che emerge del 18enne tedesco di origini iraniane, con la faccia da bambino, responsabile della strage dei suoi coetanei a Monaco La pista islamica dell'attentato al centro commerciale, in cui sono rimaste uccise nove persone, si è dissolta con il passare delle ore, anche perché è stato accertato che Ali Sonboly, questo il nome del killer, ha agito da solo, prima di togliersi la vita. Le autorità hanno confermato che non risultano al momento legami con l'Isis, che invece si era schierato con l'attentatore di Nizza ed il giovane afghano responsabile dell'assalto ad un treno regionale tedesco.


Ali, in effetti, non proveniva da un ghetto. Con la sua famiglia - il padre tassista, la madre impiegata in un grande magazzino ed un fratello - viveva in un quartiere dignitoso alla periferia della città. Non era un profugo, ma godeva della doppia cittadinanza. Almeno all'apparenza, un tipo tranquillo, sorridente, che andava a scuola vicino casa e consegnava giornali per arrotondare, come riferiscono i vicini ed i compagni. Non aveva mai avuto problemi con la polizia. Sotto questa patina di normalità, invece, covava una personalità oscura. A partire dai problemi psichiatrici ed una depressione, per i quali era in cura. A scuola, inoltre, le cose non andavano bene. Non aveva superato l'esame finale, venerdì scorso. E soprattutto, era stato vittima di bullismo da parte dei compagni.

«Per sette anni, a causa vostra», ha denunciato lui stesso in un concitato scambio di battute con una persona ripreso in un video. Anche un ex compagno ha rivelato che Ali prometteva sempre di uccidere i bulli che lo tormentavano. Come se non bastasse, la passione per le stragi: molto tempo trascorso davanti al pc utilizzando giochi di sparatorie e del materiale a casa su Winnenden (15 morti in una scuola vicino a Stoccarda per mano di uno studente) e su Utoya, in Norvegia, compiuta dall'estremista di destra Anders Breivik (69 morti), di cui proprio ieri cadeva il quinto anniversario. Nei suoi scaffali, anche un libro del titolo premonitore 'Furia nella testa: perché gli studenti uccidonò.


Questo mix di rancore e passione omicida l'ha condotto oltre il precipizio. Per prima cosa, ha postato su Facebook un messaggio-esca su cibo gratis al ristorante McDonald's vicino al centro commerciale, per attirare le sue potenziali vittime. Poi ha portato a termine il suo piano di vendetta sparando all'impazzata con una pistola e 300 colpi: nove vite spezzate, otto ragazzi tra i 15 ed i 21 anni e una donna, e almeno 27 feriti. Tra i morti ci sono anche tre turchi. Proprio gli studenti di origine turca e araba, a quanto sembra, sarebbero stati tra i persecutori di Ali. Così, il giovane con la faccia da bambino che gridava «sono tedesco» ha deciso di punirli, prima di farla finita a sua volta. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino