Strappato dalle sue radici, molestato sessualmente in tenera età, “ragazzo di vita” in adolescenza. Poi gli omicidi e 42 interminabili anni di carcere conclusi...
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Robert era solo un bimbo quando venne strappato ai suoi genitori aborigeni che vivevano a Bourke per essere dato a una famiglia di Albury. «I miei primi ricordi sono con loro – ha raccontato alla ABC – Erano belle persone e sono cresciuto bene. Ho amato lo sport, soprattutto la corsa, il nuoto e il calcio». Un'esistenza serena fino agli 11 anni, quando tre uomini lo trascinarono in un'auto all'uscita da scuola e lo violentarono.
«Credo che in quel momento stessero cercando qualcosa e mi è capitato di essere lì al momento sbagliato – ha raccontato Robert – Ho perso ogni speranza, la fede. Quello è stato il punto di svolta». Da quel momento la sua vita è stata una discesa negli inferi. Invece di andare a scuola, con un amico passava le giornate in riva al fiume fino a quando quelle assenze ingiustificate non gli assicurarono un posto al Kinchela Boys Home, un istituto per bambini aborigeni affidati a famiglie bianche che avrebbe dovuto favorire il processo di integrazione, ma è tristemente conosciuto per le punizioni brutali e gli stupri che si consumavano tra quelle mura: tra il 1924 e il 1970, tra i 400 e i 600 ragazzi furono ospitati in quella struttura degli orrori. Robert era uno di loro. «C'erano un sacco di stupri – ha ricordato - In particolare il sovrintendente molestava tutti. Oltre agli abusi sessuali le punizioni erano terribili. Mi ricordo le docce fredde alle 3 del mattino. Un incubo».
Dopo otto mesi lì dentro, la vita di Robert è cambiata per sempre: sin dall'età di 14 anni ha iniziato a vivere da solo per strade di Sydney. Mangiava una volta a settimana, beveva troppo e ben presto finì per prostituirsi per sopravvivere. «L'odio dentro di me stava montando ogni giorno di più» ha raccontato. Odio che ben presto si è trasformato in furia omicida.
Era il 1975 quando commise il primo omicidio: a una festa vide due bambini di 11 e 12 anni in mutande e credette che fossero stati abusati. Quando un uomo entrò nella stanza lo pugnalò a morte.
Condannato per omicidio colposo, rimase per 8 anni dietro le sbarre prima di tornare in libertà. Appena in tempo per compiere un altro omicidio che aveva le stesse caratteristiche del primo: questa volta la sua vittima era un uomo, un suo cliente, uno di quelli che avevano approfittato di lui per pochi spiccioli.
Finito in carcere, condannato all'ergastolo, è rimasto dietro le sbarre per 42 anni fino a quando un medico gli ha comunicato che le sue speranze di vita erano ridotte al minimo: un cancro all'esofago allo stadio terminale lo sta devastando. «Ho 60 anni e ne ho passato 42 in prigione. Nessuno degli uomini che mi ha abusato è mai stato condannato – ha concluso - Adesso l'unica cosa che voglio fare prima di morire è tornare a Bourke dove sono nato, vedere se lì ci sono ancora miei parenti. Solo allora avrò pace».
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Il Gazzettino