Il padre della sposa era positivo al coronavirus così, dopo la cerimonia, ben 76 invitati su circa 360 sono stati contagiati e una donna è morta. È successo...
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Tra di loro, ovviamente, il papà della sposa, che era arrivato dalla Spagna quattro giorni prima della cerimonia. L'uomo, che gli studiosi hanno considerato come il caso clinico indice in Giordania, ha 58 anni ed aveva manifestato i primi sintomi dell'infezione, come febbre alta, tosse e vie respiratorie ostruite circa due giorni prima del matrimonio, che si è svolto per circa due ore in un locale al coperto progettato per ospitare circa 400 invitati. Il 15 marzo, dopo essersi recato al pronto soccorso, è stato sottoposto a tampone, il quale ha dato esito positivo. Non solo. Quattro settimane dopo le nozze, altre 85 persone con una storia di esposizione correlata a quell'evento sono risultate positive. Di queste, 76 erano state direttamente alla festa, 9 erano contatti dei casi confermati. Metà di questi erano asintomatici o presentavano sintomi lievi, ma due pazienti erano in condizioni gravi o critiche. Addirittura, una donna di 80 anni con carcinoma mammario ha sviluppato polmonite e insufficienza respiratoria ed è deceduta 2 settimane dopo il ricovero in ospedale. Un'altra paziente, incinta, ha partorito il suo bambino con cesareo il giorno dopo il ricovero. Il neonato è risultato negativo.
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Una situazione mai vista, che è finita ben presto sotto la lente d'ingrandimento degli studiosi della Jordan University of Science and Technology che hanno analizzato il caso e tutti i collegamenti tra i vari invitati. Il tempo mediano tra l’esposizione all’infezione al matrimonio e l’insorgenza dei sintomi è stato di 5 giorni. Per altro, entro il 10 aprile, quindi meno di un mese dopo il fatidico sì, il numero di casi confermati dal matrimonio costituiva il 24% di tutti i casi Covid-19 in Giordania. Il Paese è stato bloccato il 14 marzo e la città di Irbid, dove si è verificata l’epidemia, è stata isolata dal resto del Paese. "La ricerca – spiegano gli studiosi – indica (e conferma) come nelle riunioni al chiuso e affollate, la velocità di trasmissione può essere molto più elevata. Questa malattia pandemica è una minaccia alla salute pubblica, per cui bisogna fare molta attenzione". Per questo, è la conclusione alla quale sono arrivati, "le comunità dovrebbero continuare a scoraggiare grandi riunioni, identificare e testare i contatti e isolare i casi confermati per aiutare a controllare la pandemia di Covid-19".
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Il Gazzettino