Il governo conservatore di David Cameron accelera verso il referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell'Ue, convinto di poter spuntare qualche concessione di...
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Il voto era stato promesso da Cameron entro il 2017, ma nessuna scadenza ufficiale è stata mai comunicata. E di un possibile anticipo al 2016 si parla già da diverse settimane. Ora il domenicale dell'Indipendent rivela che sul tavolo del primo ministro un'ipotesi di data c'è: dovrebbe cadere a giugno dell'anno prossimo ed essere annunciata in un discorso programmatico al partito in calendario per ottobre.
Il calcolo dell'inquilino di Downing Street è semplice: incassare almeno «un pacchetto limitato di riforme» da presentare agli elettori di casa sua come un punto a favore degli interessi nazionali per evitare lo spettro del sì alla Brexit. E farlo prima che francesi e tedeschi entrino in campagna elettorale. Nei mesi scorsi il cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, super ministro dell'Economia e alter ego di Cameron, aveva lasciato intendere di voler allungare i tempi fino al 2017 per poter condurre una trattativa più insistente. Ma, secondo l'Independent, la vicenda greca ha suggerito al premier di rompere gli indugi. Innanzitutto perché a Londra il risultato finale è stato interpretato come una conferma del fatto che Bruxelles e le cancellerie che contano sono pronte a negoziare e talora a cedere pur di evitare ogni taglio netto. Figurarsi la defezione del Regno Unito, che fra l'altro - ha avvertito giusto oggi l'ex leader indipendentista scozzese dell'Snp Alex Salmond - avrebbe come conseguenza immediata una nuova sfida per la secessione da Londra della Scozia, che all'Europa non intende minimamente rinunciare. E poi perché il clima di tensione degli ultimi mesi sembra aver convinto anche altri governi europei della necessità di una riforma dei meccanismi dell'Unione.
Sia come sia, la scommessa di David Cameron appare quella di far valere una lista di desideri che comprende l'ampliamento dell'opt-out a qualunque provvedimento destinato a rafforzare i poteri dell'Ue rispetto a quelli degli Stati membri; deroghe all'applicazione dei benefici previsti dal diritto del lavoro ai migranti interni all'Europa; un alleggerimento dell'impatto delle direttive di Bruxelles sulle legislazioni nazionali.
Il Gazzettino