Strage del bus Erasmus in Spagna, 13 studentesse morte: le famiglie ottengono il processo

Ci sarà un processo in Spagna per la morte delle 13 studentesse Erasmus, di cui sette italiane, sul pullman che si schiantò il 20 marzo 2016 in autostrada in...

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Ci sarà un processo in Spagna per la morte delle 13 studentesse Erasmus, di cui sette italiane, sul pullman che si schiantò il 20 marzo 2016 in autostrada in Catalogna. Ora, dopo ben tre tentativi di archiviare la vicenda come un incidente stradale dovuto alla fatalità, le famiglie e i loro legali con tre caparbie opposizioni, hanno rotto una specie di muro che da tre anni e mezzo minacciava di schermare una storia dove devono essere ben chiarite le responsabilità.


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Le autorità spagnole hanno riaperto le indagini e hanno riconosciuto che ci sono motivi per attribuire all'autista del bus la responsabilità della strage per omicidio imprudente, come previsto in Spagna. È quanto ritiene l'Audienza Provinciale de Tarragona riguardo a Santiago Rodriguez Jimenez, 62 anni, il conducente.

La giustizia spagnola adesso parla di sua colpa, o imprudenza, grave. Colpa emersa sia dai racconti dei superstiti, che hanno sempre riferito di guida inadeguata, sia dall'analisi tecnica del crono-tachigrafo che ha rilevato fino a 77 decelerazioni. Vuol dire che il conducente aveva manifestato sonnolenza, avrebbe avuto colpi di sonno. Sembra, infatti, che non avesse rispettato i turni di riposo. Anzi le nuove indagini avrebbero stabilito la sua totale negligenza perché decise di continuare il viaggio nonostante la stanchezza accumulata. «Aspettiamo le motivazioni che hanno portato il tribunale di Tarragona a riaprire il processo e solo dopo potremo capire come potrà evolvere la vicenda.

Comunque finalmente è arrivato il momento di capire e individuare tutte le responsabilità», ha detto Gabriele Mestrini, padre di Elena, originaria di Gavorrano (Grosseto), unica figlia. «Non fu una fatalità - aggiunge - ma una tragedia che poteva essere evitata». Anche l'avvocato Stefano Bartoli che parla per la famiglia di Lucrezia Borghi di Greve in Chianti (Firenze) sottolinea che «non potevano continuare a dirci che era stata una fatalità. È giusto che ci sia un processo, tutti i superstiti ricordano la stanchezza dell'autista».


A Genova Paolo Bonello, padre di Francesca, altra vittima, dice che le prove «sono l'autista che esce più volte dalla carreggiata, i cambi di velocità, il fatto che abbassava il finestrino per avere aria, cioè sintomi di stanchezza». Le famiglie però vogliono capire anche le responsabilità della ditta del pullman. «Perché - chiedono - organizzare un viaggio di 500 km di andata e altrettanti di ritorno con un solo autista e in un solo giorno?»
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Il Gazzettino