Bombe a grappolo all'Ucraina, il generale Tricarico: «Ordigni banditi da molti, il 4% può restare inesploso. Utili con le difese russe»

L'ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica dice che serve grande accortezza e che bisogna evitare le zone dove sono presenti i civili

Bombe a grappolo all'Ucraina, il generale Leonardo Tricarico: «Ordigni banditi da molti, il 4% può restare inesploso. Utili con le difese russe»
Gli Stati Uniti forniranno all’Ucraina le “cluster bomb” che molti Paesi hanno messo al bando. Una scelta controversa? «L’insidia delle bombe a...

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Gli Stati Uniti forniranno all’Ucraina le “cluster bomb” che molti Paesi hanno messo al bando. Una scelta controversa? «L’insidia delle bombe a grappolo, rispetto alle “regole del gioco” che danno la priorità, in guerra, alla salvaguardia della vita dei non combattenti, è che hanno una vasta area d’impatto e che, in una minima percentuale, possono rimanere inesplose a lungo». Il generale Leonardo Tricarico sa bene che cosa siano quelle armi. Già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e consigliere militare di tre presidenti del Consiglio, presiede la Fondazione Icsa e durante la guerra del Kosovo, nel ‘99, era a capo delle nostre forze aeree e vicecomandante del contingente multinazionale. Allora, le “cluster bomb” erano montate pure sui velivoli Nato.

«La loro caratteristica è che non impattano in un punto o un’area limitata, ma in una zona molto ampia, per questo sono chiamate anche “bombe a saturazione d’area”. Il fatto è che sono le armi adatte, se l’obiettivo è diffuso e non concentrato in un punto».

Per esempio, contro le linee difensive russe… Ma come funzionano le cluster bomb?

«In pratica, sono contenitori di sub-munizioni, cioè di numerose “bomblet” o bombette, anche duecento, grandi come una lattina di Coca-Cola. A una certa altezza, regolabile da terra, le due valve del contenitore si aprono, liberando tutte queste “bomblet” che cadono singolarmente appese a un paracadute, e quando impattano esplodono. La quota a cui si aprono è proporzionale alla vastità dell’area che si vuole colpire. Più in alto si aprono, più estesa è l’area che sarà interessata».

L’Italia ha firmato la convenzione per la messa al bando, come pure Gran Bretagna, Germania e Francia. Perché Washington ha deciso di mandarle?

«È ragionevole ritenere che le truppe russe siano distribuite su aree ampie ma anche bene identificate e delimitabili, ed è ragionevole pensare che in queste aree non ci siano più civili perché sono zone di combattimento. In questo caso, l’impiego della bomba a grappolo non deve creare scandalo, sarebbe il tipo di arma che va bene alla bisogna, considerando poi che i russi da parte loro hanno dato ampia prova di non avere riguardo per nessuno e, anzi, hanno deliberatamente bombardato obiettivi civili di ogni tipo: case, ospedali, teatri...».

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Alcune di queste bomblet rimangono a lungo inesplose e potrebbero mettere in pericolo i civili dopo molto tempo?

«Anzitutto, chi progetta le missioni dev’essere molto accorto, le aree implicate non devono essere abitate da non combattenti. È vero che ogni tanto qualche bomba esplode a distanza di tempo. Durante il conflitto nei Balcani, ricordo che una cadde in acqua e non ebbe sufficiente percussione per esplodere, fu poi tirata su dalle reti di un peschereccio di Chioggia, il “Profeta”. Rimasero feriti tre pescatori e da lì nacque la questione delle bombette nell’Adriatico. La Procura di Venezia si attivò in modo a mio parere perfino eccessivo, e non si accontentò delle spiegazioni che noi fornimmo. Dovetti andare personalmente due o tre volte a Venezia mentre ancora “facevo la guerra”. Quando, di fronte agli omissis, chiesero di avere i documenti, dissi che erano coperti da segreto Nato e che non potevo consegnarli senza il consenso dei Paesi membri. Il magistrato venne di persona a consultarli».

In quali misure c’è il rischio che le bomblet feriscano o uccidano i civili?

«Tutto dipende da come si tara l’apertura del contenitore. Quanto alle bombe inesplose, siamo nell’ordine del 3-4 per cento. Statisticamente, un rischio c’è. Il fatto è che si tratta probabilmente delle munizioni più efficaci per neutralizzare le difese russe, che rappresentano un obiettivo disperso di truppe, cannoni, logistica... E questo è il momento cruciale della controffensiva, per gli ucraini».

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Il Gazzettino