Il professore e il tycoon. I primi exit poll delle elezioni presidenziali tunisine indicano una sfida tra candidati laici per il ballottaggio. Secondo la rilevazione infatti il...
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È la sconfitta dei partiti tradizionali e la vittoria degli indipendenti, del populismo, di coloro che sono riusciti ad intercettare il malcontento e a riempire il vuoto lasciato dalla famiglia centrista, dalla sinistra e anche dai partiti islamici, tutti incapaci di dare risposte dirette ai bisogni dei cittadini in un periodo di grave crisi economica. Scomparsa dal panorama politico tunisino la marcata contrapposizione tra campo islamista e progressista, l'elettorato ha premiato i candidati che sono riusciti a creare un contatto diretto con la gente. In quest'ottica va letto anche il crollo del tasso di partecipazione alle urne (45,2%) che, se da un lato pone la Tunisia al pari delle democrazie più evolute, dall'altro testimonia il rapido distacco dei cittadini dalla politica nell'arco di soli 8 anni dalla cacciata di Ben Alì. I giovani senza lavoro non sono andati alle urne e inoltre il numero esorbitante di candidati, ben 24, potrebbe aver contribuito al disorientamento degli elettori, dopo una campagna elettorale carente di contenuti, nella quale si è parlato poco di programmi e questioni pratiche.
Kais Saied, classe 1958, costituzionalista, indipendente, soprannominato «robocop» per il suo modo forbito di parlare in arabo senza alcuna inflessione, conservatore, è riuscito a parlare alla gente proponendo un programma di misure sociali e diritti per tutti. Si dichiara favorevole alla pena di morte, contrario alla depenalizzazione dell'omosessualità e al progetto di legge sulla parità uomo-donna in tema ereditario, ma «non islamista» per sua stessa ammissione. Propone un programma di risanamento delle istituzioni statali e maggior rigore nell'applicazione delle riforme per una rapida ripresa economica.
Esultano intanto al quartier generale di Karoui, dove l'accesso al ballottaggio è già considerato una vittoria.
Il Gazzettino