Ankara, il governo: kamikaze Isis dietro la strage

Ankara, il governo: kamikaze Isis dietro la strage
«È stato senza dubbio un attacco suicida. Visto il modo in cui è avvenuto, sin dal primo momento, abbiamo pensato che Daesh (l'Isis, ndr) fosse responsabile». Dopo 48 ore...

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«È stato senza dubbio un attacco suicida. Visto il modo in cui è avvenuto, sin dal primo momento, abbiamo pensato che Daesh (l'Isis, ndr) fosse responsabile». Dopo 48 ore di sospetti sussurrati dai media vicini, il premier turco Ahmet Davutoglu svela ufficialmente la pista privilegiata sulla strage di sabato scorso ad Ankara.




Una versione che però non convince molti turchi, scesi oggi in piazza nel primo di due giorni di sciopero generale per protestare contro il governo, accusato di negligenza e complicità. Il clima resta tesissimo, come dimostra anche un allarme bomba che nel pomeriggio ha costretto alla chiusura una linea della metro della capitale.



Le indagini, su cui oggi è stato imposto un ordine di segretezza, puntano dritte verso la pista jihadista. «Si stanno effettuando i test del dna, siamo vicini a un nome, che ci porterà a un gruppo», annuncia Davutoglu, precisando che si è trattato di due kamikaze uomini. Sotto torchio ci sarebbero almeno 16 affiliati dell'Isis in fuga da mesi. Tra loro potrebbe esserci anche il fratello del kamikaze che il 20 luglio a Suruc uccise 33 attivisti filo-curdi.



Di certo gli occhi sono puntati sulla cellula da cui proviene, nella provincia orientale di Adiyaman. Ma a rafforzare i sospetti c'è anche il tipo di esplosivo utilizzato, molto simile a quello di Suruc. E poi ci sarebbero le minacce del Califfato alla Turchia, come riferisce oggi il quotidiano Milliyet, svelate ad agosto dall'intelligence e secondo cui quattro città erano nel mirino.



Ma Davutoglu respinge le accuse di falle alla sicurezza, anche se promette indagini in merito: «Hanno cercato di influenzare le elezioni, che però si terranno in qualunque circostanza. Questi attacchi

non ci trasformeranno nella Siria».



Intanto il bilancio ufficiale delle vittime continua lentamente ad aggiornarsi. Stamani è arrivato a 97, con 91 cadaveri cui le autorità sono riuscite a dare un nome. Il partito filo-curdo Hdp continua però a sostenere che i morti sono 128. Per ricordarli, oggi decine di migliaia di turchi hanno disertato università e luoghi di lavoro per lo sciopero proclamato da sindacati e associazioni di categoria. Una mobilitazione a cui si è aggiunta quella della società civile, all'insegna dello slogan Fermiamo la vita.



«Siamo in lutto, siamo in sciopero», annunciavano stamani adesivi sulle porte di molti uffici pubblici. Fuori dalle principali università di Ankara e Istanbul, studenti e professori si sono ritrovati alle 10.04, l'ora esatta in cui sono esplose le bombe. Manifestazioni in segno di lutto che in molti casi si sono trasformate in cortei di protesta contro «lo Stato assassino» e il presidente Recep Tayyip Erdogan, accusato di aver fomentato la violenza per recuperare consensi in vista delle elezioni anticipate del primo novembre.



Un voto a cui, dopo la strage, i partiti arriveranno sottotono: oggi sia l'Akp di Davutoglu che le opposizioni socialdemocratica e filo-curda hanno annunciato la sospensione dei loro comizi per i prossimi giorni.

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Il Gazzettino