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Il primo farmaco contro l'Alzheimer approvato dopo 20 anni. Il via libera dell'Fda al farmaco aducanumab, arrivato oggi, viene dopo due decenni di fallimenti della ricerca in questo campo, e di sicuro aumenta le speranze di milioni di pazienti in tutto il mondo, finora frustrate da centinaia di stop a terapie considerate promettenti. Secondo l'ente americano, che comunque ha chiesto un nuovo test clinico, la terapia messa a punto da Biogen ha le potenzialità per rallentare il decorso della malattia. La decisione della Fda è stata presa nonostante l'opposizione della commissione indipendente di esperti dell'agenzia e di altri esperti in materia di Alzheimer secondo i quali non ci sono prove sufficienti che dimostrino che il farmaco possa davvero aiutare i pazienti.
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Come funziona la terapia
La terapia consiste in una iniezione al mese per via endovenosa che nella terapia contro l'Alzheimer contribuirebbe a rallentare il declino cognitivo dei pazienti che si trovano allo stadio iniziale della malattia. Si tratta del primo trattamento che interessa il decorso e non si limita ad aggredire i sintomi della demenza. «Siamo consapevoli dell'attenzione che circonda questa approvazione - ha affermato Patrizia Cavazzoni, che dirige il Center for Drug Evaluation and Research dell'Fda -. Sappiamo che la terapia ha generato l'attenzione della stampa, dei pazienti e di molti soggetti interessati».
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Il sacro Gral
Quello di una terapia per l' Alzheimer negli ultimianni è apparso come il 'sacro Graal' della medicina.
I numeri dei malati in Italia
Attualmente, si legge sul sito del ministero della Salute, il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre 1 milione (di cui circa 600.000 con demenza di Alzheimer) e circa 3 milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nella loro assistenza, con conseguenze anche sul piano economico e organizzativo. Il problema ovviamente non è solo italiano. Nel 2010 35,6 milioni di persone risultavano affette da demenza con stima di aumento del doppio nel 2030, del triplo nel 2050, con 7,7 milioni di nuovi casi all'anno (1 ogni 4 secondi) e con una sopravvivenza media, dopo la diagnosi, di 4-8-anni.
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Gli esperti: «Giornata storica»
«Oggi è una giornata storica - commenta su Twitter il virologo Roberto Burioni -. Approvato da FDA il primo farmaco efficace contro il morbo di Alzheimer». «È il primo farmaco dopo vent'anni che sembra poter aiutare i malati, ma non sarà per tutte le persone colpite da Alzheimer» spiega Paolo Maria Rossini, direttore del Dipartimento di neuroscienze-neuroriabilitazione dell'Irccs San Raffaele Roma. «Questo nuovo farmaco» continua Rossini, «è il primo in grado di interferire con uno dei tanti 'killer', la proteina beta-amiloide ma per quello che ricordo ha potenziali effetti collaterali come microemorragie cerebrali. Chi lo farà ( stimo in Italia circa 100mila pazienti candidali se ci sarà l'ok dell'Ema e dell'Aifa) dovrà sottoporsi a risonanze magnetiche e aver documentato la presenza della proteina beta-amiloide».
«Il primo in grado di interferire con uno dei tanti 'killer'»
L'anticorpo monoclonale anti-Alzheimer approvato in Usa dopo quasi vent'anni «a differenza dei due ultimi farmaci che incidevano solo su alcuni sintomi, modifica l'andamento naturale della malattia e la sua progressione. È il primo farmaco dopo vent'anni che sembra poter aiutare i malati, ma non sarà per tutte le persone colpite da Alzheimer». Lo spiega all'Adnkronos Salute Paolo Maria Rossini, direttore del Dipartimento di neuroscienze-neuroriabilitazione dell'Irccs San Raffaele Roma. «È comunque una notizia notevole - aggiunge - quando la scienza sfonda una porta, poi si aprono strade davvero importanti». «Questo nuovo farmaco è il primo in grado di interferire con uno dei tanti 'killer', la proteina beta-amiloide ma per quello che ricordo ha potenziali effetti collaterali come microemorragie cerebrali - avverte Rossi - Chi lo farà, stimo in Italia circa 100mila pazienti candidali se ci sarà l'ok dell'Ema e dell'Aifa, dovrà sottoporsi a risonanze magnetiche e aver documentato la presenza della proteina beta-amiloide. Faccio un esempio, non è che una persona si può prendere l'insulina senza aver la glicemia alta. Quindi occorrono controlli ed esami frequenti».
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Il Gazzettino