La ong Oxfam proprio oggi aveva lamentato che in Afghanistan le donne sono state escluse dai negoziati di pace fra il governo e i talebani. ...
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Ma Reza Gul, una donna che vive in un villaggio nell'ovest del paese, ha deciso di entrare nel negoziato a modo suo. I talebani le hanno ammazzato il figlio, un ufficiale di polizia, in un attacco a un check point, davanti ai suoi occhi. Lei, invece di piangere e gridare, ha preso il kalashnikov, insieme alla figlia e alla nuora, e ha fatto una strage.
In sette ore di scontro a fuoco, Reza e le altre due vendicatrici hanno massacrato 25 talebani, e ne hanno feriti altri 5. La storia la racconta un'agenzia afghana, la Khaama Press, e è stata accreditata dal Ministero dell'Interno: il portavoce di quest'ultimo, Sediq Sediq, commenta orgoglioso che «la campagna armate delle donne contro i guerriglieri talebani è un simbolo di una più vasta rivoluzione e sollevazione popolare contro il gruppo». Silenzio invece dagli studenti islamici: solitamente loquaci nel rivendicare le loro stragi, ma evidentemente umiliati da essere stati sconfitti da tre donne. Il mezzogiorno di fuoco al femminile si svolge in un villaggio nella provincia di Farah, a ovest.
Una zona da Far West islamico, dove i talebani sono molto attivi e attaccano in continuazione le forze di sicurezza governative. Il figlio di Reza era un ufficiale di polizia e comandava un check-point, probabilmente vicino alla casa della madre. Quando i talebani attaccano il piccolo presidio, la donna vede tutto. I guerriglieri uccidono suo figlio davanti ai suoi occhi. I talebani pensano di aver vinto, e di sicuro non si preoccupano delle donne del paese. Per loro sono esseri inferiori, da rinchiudere in casa e far uscire solo coperte dal burqa. Ma i miliziani hanno fatto male i loro conti. Reza chiama a raccolta le altre donne di casa, la figlia e la nuora, moglie del figlio ucciso.
Tutte e tre hanno qualcuno da vendicare.
Il Gazzettino