Il fashion designer: «La vecchia generazione ha delle colpe, non vuole trasmettere i suoi segreti»

Sylvio Giardina
Dieci tra sarti, ricamatrici e modellisti, forse anche meno calcolando che alcuni specializzati sono liberi professionisti che non lavorano "fissi" per il brand. Li...

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Dieci tra sarti, ricamatrici e modellisti, forse anche meno calcolando che alcuni specializzati sono liberi professionisti che non lavorano "fissi" per il brand. Li conta sulla punta delle dita Sylvio Giardina, fashion designer di origini francesi, romano d'adozione, che dieci anni fa ha creato il suo omonimo marchio di moda couture, puntando su sartorialità, tradizione e innovazione. «La crisi dei mestieri specializzati è reale, esiste, la avvertiamo negli atelier: mancano sarti, modellisti, ricamatrici per le nostre produzioni artigianali made in Italy - dichiara - si possono progettare abiti e oggetti meravigliosi ma se non ci sono le abili mani nessun progetto ha valore».

Perché mancano queste figuri professionali?
«Innanzitutto è una questione generazionale: c'è stata una tendenza dei giovani ad allontanarsi dall'artigianato; la tecnologia li ha allontanati nel senso che lo sviluppo anche cognitivo e le opzioni di scelta nel campo dell'istruzione si sono spostate in una dimensione più digitale e meno manuale. Così facendo nel settore moda sono venuti meno i pilastri del made in Italy. Pensando che il lavoro dell'artigiano fosse antico, privo di appeal al giorno d'oggi, i giovani non hanno privilegiato questo percorso di studi, complice anche l'orientamento delle famiglie.
Mamme e papà italiani non spingono verso i mestieri manuali?
«Negli anni 80 e 90 la famiglia ti spingeva a diventare avvocato, non modellista o ricamatrice, lavori manuali considerati faticosi. Senza contare che la sartoria era considerata prettamente appannaggio femminile; nel nuovo millennio anche gli uomini si avvicinano alla sartoria da donna».
Le scuole e le Accademie che ruolo giocano?
«Sono fondamentali nella formazione per mestieri che prevedono un bagaglio di conoscenze teoriche e che necessitano di molte, moltissime ore di laboratorio. Si dovrebbe insistere sulla parte di lavoro manuale, si apprende sporcandosi le mani a contatto con première e artigiani custodi di un sapere inestimabile che purtroppo molto spesso non viene divulgato. Molte première e ricamatrici custodiscono gelosamente il saper fare nelle loro mani ma non lo rimettono in circolo. Molti artigiani non sono generosi; anzi al contrario sono molto gelosi non rendendosi disponibili a tramandare conoscenze e competenze alle nuove generazioni».
Il nuovo liceo Made in Italy potrebbe essere utile?
«Sì, se si lavora su una formazione non solo teorica ma pratica: occorre formare figure che possano poi sviluppare un proprio business. Perché ad esempio gli artigiani della moda ma anche i ricamatori non creano loro stessi dei laboratori in cui formare altre persone?»
Pensa a laboratori specializzati creati dagli artigiani?
«Non c'è stato un ricambio generazionale anche per la poca lungimiranza degli stessi artigiani di creare laboratori e maison specializzate. Una su tutte in Francia, la maison di ricami Lesage. Io sono per metà francese e il confronto lo faccio: in Francia è fortissima questa attenzione ai mestieri d'arte applicati alla moda, c'è una tutela maniacale per le abilità manuali da parte dello Stato, con sovvenzioni affinché le tradizioni del made in France vengano tutelate».
Come riconosce una brava sarta, una ricamatrice, un modellista?
«Nel mio team i professionisti specializzati hanno un'età media di 50 anni, ma ho avuto anche la fortuna di lavorare con due sarti di vent'anni, perle rare. Quando un giovane uscito da una scuola si presenta per lavorare in atelier chiedo sempre: "Perchè vuoi farlo?" Se risponde: "Mia nonna era una sarta e io ho cominciato con lei" non me lo faccio scappare.
Lei ha voluto le ricamatrici allieve dell'Accademia Koefia di Roma per l'haute couture P/E 2023?

«Nel progetto «gal-le-rì-a" un ricamo fluttuava nell'aria su telai sospesi, utilizzando una tecnica antica ad ago e filo sui tessuti preziosi dell'alta moda che si fondono così con la bellezza dell'arte. La manualità unita all'alto artigiano rendono unico nel mondo il nostro made in Italy che è il nostro bagaglio culturale».
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Il Gazzettino