Superbonus, caccia alle frodi: così il Fisco vuole recuperare 5 miliardi

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Superbonus, caccia alle frodi: così il Fisco vuole recuperare 5 miliardi
Il Fisco ha rotto gli indugi. I soldi frodati allo Stato sui bonus edilizi saranno chiesti non soltanto a chi ne ha beneficiato indebitamente, ma anche a chi ha trasformato quei...

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Il Fisco ha rotto gli indugi. I soldi frodati allo Stato sui bonus edilizi saranno chiesti non soltanto a chi ne ha beneficiato indebitamente, ma anche a chi ha trasformato quei crediti in denaro sonante. Le banche e, in molti casi, le Poste. Solo due giorni fa la GdF ha aggiornato il conto delle frodi sui bonus. Un conto salato, che ha raggiunto 5,6 miliardi di euro. Due miliardi sono già “spariti” all’estero, con destinazione paradisi fiscali. «Una somma enorme» ha commentato il ministro Daniele Franco

 

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IL RECUPERO
Ma in che modo il Fisco recupererà le somme? L’Agenzia delle Entrate ha diramato una lunga circolare nella quale, tra le altre cose, ha reso noto come intende muoversi per recuperare le somme sottratte allo Stato con le frodi. La norma di legge, spiega la circolare, prevede che a rispondere dell’eventuale abuso debba essere soltanto il beneficiario del bonus. Insomma, l’unico a rispondere dovrebbe in teoria essere chi ha frodato il Fisco. Ma, spiega l’Agenzia delle Entrate, se c’è stato un «concorso» nel trarre in inganno lo Stato, rispondono pure tutti quelli che volontariamente o meno, hanno contribuito ala frode. Il punto è cosa si intende per «concorso». Per il Fisco chiunque non abbia operato con la «specifica diligenza richiesta» dal suo ruolo è complice della frode. E per gli intermediari finanziari come banche e Poste, spiega l’Agenzia delle Entrate, «è richiesta l’osservanza di una qualificata ed elevata diligenza professionale». Dunque il concorso sarà valutato «caso per caso». E il Fisco fa un elenco dei comportamenti che saranno considerati “negligenti” e che dunque faranno scattare il concorso e il recupero delle somme più interessi e sanzioni. 

 


L’ELENCO
L’elenco è lungo. E sembra ripercorrere i casi descritti dalle ordinanze della magistratura. C’è concorso, secondo il Fisco, se c’è stata una sproporzione tra il credito monetizzato e il reddito del richiedente. Dalle indagini erano emersi casi di percettori del Reddito di cittadinanza che erano riusciti ad incassare milioni di euro. C’è concorso, dice ancora il Fisco, se c’è stata sproporzione tra il valore del bene e le fatture scontate. C’è stato il caso di stalle e garage dai quali sono maturati crediti per ristrutturazioni come se si trattasse di ville principesche. C’è concorso se chi ha scontato il credito non ha verificato che poi i lavori siano stati effettivamente eseguiti. E c’è concorso anche se l’intermediario finanziario non ha effettuato le segnalazioni anti-riciclaggio richieste dall’Uif per queste operazioni. Maglie, insomma, molto strette. 


Il Fisco, tra l’altro, boccia senza appello uno degli alibi utilizzati finora da chi aveva scontato i crediti senza effettuare i dovuti controlli. Ossia che l’Agenzia delle Entrate aveva permesso che quegli stessi crediti fossero caricati nei cassetti fiscali. «La presenza del credito sulla Piattaforma», dice l’Agenzia delle Entrate, «non implica in alcun caso il riconoscimento della sua esistenza e dell’effettiva spettanza della detrazione da cui lo stesso trae origine». Non esime, insomma, dall’effettuare i controlli sull’esistenza del credito. È plausibile, dunque, che nei prossimi mesi il Fisco parta con gli accertamenti presso banche e Poste. 

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Il Gazzettino