Superbonus 110 solo ai cantieri avviati entro fine settembre. Non tutti i lavori potranno andare avanti nel 2024

La misura spingerà il deficit del 2023. Freni: «Abbiamo un conto da 109 miliardi»

Più di un buco nei conti. Una falla. Il costo per le casse dello Stato del Superbonus continua a lievitare. Le previsioni originarie di un costo di “soli” 36,6...

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Più di un buco nei conti. Una falla. Il costo per le casse dello Stato del Superbonus continua a lievitare. Le previsioni originarie di un costo di “soli” 36,6 miliardi si sono rivelate un miraggio. Il 110 per cento viaggia ormai verso gli 80-85 miliardi di spesa. Le uscite corrono al ritmo di 3,5 miliardi al mese. E una parte di questi soldi si riverserà nel deficit di quest’anno facendolo lievitare. Di quanto? Il conto lo si conoscerà solo il 27 settembre, con la Nadef, la Nota di aggiornamento del Def, ma è scontato che il dato finale non sarà più il 4,5 per cento stimato solo ad aprile. Non è da escludere che si arrivi al 6 per cento o anche oltre. E per fortuna che per il 2023 il Patto di stabilità è ancora sospeso e anche che Eurostat non ha deciso di riclassificare il bonus spalmando la spesa anche sugli anni futuri. Nonostante tutto questo, tuttavia, il governo sarà costretto a prorogare ancora la misura per i condomini anche nel 2024.

Dovrà consentire a chi ha avviato i lavori di portarli a termine. In caso contrario le famiglie si troverebbero nella condizione di dover restituire gli sgravi ottenuti anche per le lavorazioni già effettuate. L’attuale scadenza è prevista per fine anno. Andrà prorogata almeno per 3-6 mesi. Ma sarà necessario mettere dei paletti. Il primo lo ha anticipato ieri Il Messaggero: entro il prossimo 31 dicembre potranno proseguire soltanto quei cantieri che saranno stati completati almeno per il 60 per cento. Ma questo potrebbe non essere l’unico vincolo. Lo scorso anno, a novembre, il governo decise una prima stretta draconiana sul bonus del 110 per cento, consentendo di ottenere l’agevolazione soltanto a quei condomini che avessero depositato la Cilas, la certificazione di inizio lavori, entro il 25 novembre. C’è stata una corsa alle delibere condominiali e agli sportelli comunali per presentare la dichiarazione. Ma poi moltissimi cantieri non sono effettivamente partiti perché sul mercato non c’era nessuno che comprava i crediti. Ora ci sono migliaia di Cilas depositate ma senza cantieri avviati. L’idea sarebbe di dire che chi non è partito fino ad oggi non può più farlo. Potrebbe quindi essere fissato il 30 settembre di quest’anno l’ultimo giorno utile per aver effettivamente avviato i lavori e aperto il cantiere. 

IL PASSAGGIO

Non è un mistero che il governo vuole limitare il più possibile l’avvio di nuovi cantieri finanziati con il 110 per cento. Anche perché ogni euro che sarà speso per la proroga andrà a pesare sul deficit del 2024, rendendo ancora più complicato il percorso di una manovra di bilancio che già si preannuncia molto complessa. Il punto lo ha ben spiegato ieri il sottosegretario all’Economia Federico Freni. «Il reale impatto del superbonus «sulla finanza pubblica ad oggi», ha sottolineato, «è che abbiamo pagato 21 miliardi e abbiamo un conto da pagare di 109 miliardi, quando verranno portati in compensazione. Questo a livello di cassa. La cassa si è aggravata moltissimo, e anche il deficit». Freni ha ricordato che «nei cassetti dell’Agenzia delle Entrate ci sono ad oggi 142 miliardi di crediti ceduti, non tutti utilizzati. Di questi, 12 sono frodi. Ne rimangono 130: ad oggi ne sono stati portati in compensazione 21. Ne rimangono 109 da portare in compensazione. Questi 109 aumentano di 3,5 miliardi al mese». Un’emorragia di denaro pubblico senza precedenti.
 

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Il Gazzettino