Dirigenti statali: arriva il contratto. ​Aumenti da 230 euro

Quattrocento euro lordi mensili di aumento in busta paga per i dirigenti pubblici di prima fascia, circa duecentotrenta per la seconda fascia, corrispondenti a un aumento...

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Quattrocento euro lordi mensili di aumento in busta paga per i dirigenti pubblici di prima fascia, circa duecentotrenta per la seconda fascia, corrispondenti a un aumento complessivo del 3,48 per cento. Si chiude oggi la partita per il rinnovo del contratto dei dirigenti dello Stato.


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Sindacati e Aran, l’Agenzia della rappresentanza negoziale delle Pubbliche amministrazioni, che fa le veci del governo nei tavoli negoziali, hanno trovato finalmente un’intesa. I numeri sono relativi al triennio 2016-2018, ormai archiviato, ma che fino a oggi era rimasto appeso: il contratto dei dirigenti pubblici che sta per essere rinnovato in realtà è già scaduto. La trattativa è stata lunga e complessa. Confermato il diritto all’incarico per i dirigenti vittime di riorganizzazioni. Reintrodotta la clausola di salvaguardia, sulla base della quale sono previste maggiori garanzie economiche per gli interessati. «Il dirigente manterrà la sua ultima retribuzione in fase di rinnovo del contratto individuale anche nel caso in cui venisse assegnato a un ufficio di minore valenza», spiega l’Unadis, il sindacato dei dirigenti pubblici. L’accordo riguarda i dirigenti dei ministeri, delle agenzie fiscali e degli enti pubblici non economici come per esempio l’Inps. È ancora fermo invece il rinnovo del contratto dei dirigenti della presidenza del Consiglio, che viaggia su un binario diverso.

LA TRATTATIVA
«È stata una trattativa complicata che ha visto allo stesso tavolo, oltre ai dirigenti, anche altre categorie. Siamo stati l’unico sindacato che ha tutelato esclusivamente i dirigenti. Se fossimo stati più forti avremmo ottenuto di più», spiega Barbara Casagrande, segretario generale dell’Unadis. Lo sguardo ora è proiettato verso la prossima tornata contrattuale. «Per il futuro chiediamo sin da ora un’area separata di contrattazione, solo per la dirigenza che ha ruoli e funzioni diverse da quelle dei professionisti», continua il segretario generale del sindacato dei dirigenti pubblici. Nella Nota di aggiornamento al Def si prevedono però aumenti dell’1,95 per cento, dunque molto distanti dal 3,48 per cento fissato dal contratto relativo al triennio 2016-2018. Il governo punta a siglare l’accordo per il rinnovo del contratto del pubblico impiego nel 2020, ma la scarsità delle risorse a disposizione non fa ben sperare. I dirigenti pubblici incasseranno gli arretrati maturati nel triennio che si è archiviato a partire da gennaio. Inoltre, nel caso di riorganizzazione, il dirigente manterrà la retribuzione in essere fino alla scadenza del contratto di incarico vigente. Il nuovo contratto prevede poi che i criteri generali per il conferimento degli incarichi dirigenziali siano frutto di confronto sindacale.


È stato anche avviato il percorso di piena equiparazione alla dirigenza, sia dal punto di vista economico sia giuridico, per i dirigenti sanitari del ministero della Salute. Per questi ultimi si tratta di una vittoria storica visto che da ora saranno equiparati alla dirigenza sanitaria del sistema sanitario nazionale. Dulcis in fundo, i fondi della retribuzione di risultato potranno essere incrementati da ciascun ente con risorse proprie. Per quanto riguarda invece il patrocinio legale, le amministrazione si assumeranno tutti gli oneri di difesa nei casi in cui si apra un procedimento di responsabilità verso un dirigente. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino