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Il debito italiano ora non fa più paura. Lo dicono i numeri, secondo cui lo spread si è attestato intorno ai 127 punti base - ma per tutta la seduta del 14 marzo è rimasto a quota 116 - che riportano il differenziale ai livelli di inizio novembre 2021. Per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si tratta «di un’importante inversione di tendenza» rispetto a ottobre, che riflette «la crescente fiducia del mercato nella gestione dell’economia da parte della premier Giorgia Meloni, in un momento in cui la crescita in Germania è in fase di stallo».
Come funziona?
Stando alle previsioni della Nadef di settembre, la spesa per interessi è indicata a quota 88,9 miliardi nell’anno in corso, a 94,4 miliardi nel 2025 mentre nel 2026 si supererà la soglia dei 100 miliardi (103,5). Come spiega Il Sole 24 Ore, in percentuale rispetto al Pil, il quadro programmatico vede gli interessi passivi al 4,2% nel 2024, al 4,3% nel 2025 e al 4,6% nel 2026. Il tutto a fronte di un debito pubblico che dal 137,3% certificato dall’Istat per il 2023 è indicato (ma il dato andrà aggiornato) al 140,1% nel 2024, al 139,9% nel 2025 e al 139,6% nel 2026.
Quali sono gli effetti?
Lo spread diventa in questo contesto un indice dei tassi sul debito per remunerare i sottoscrittori dei nostri titoli. Tradotto: tassi più alti sul debito portano a una maggiore spesa per interessi e, a parità di entrate, ad un maggiore deficit pubblico e quindi ad un ancora più rapido accumulo di debito. Se invece lo spread diminuisce, si può considerare un minore esborso in conto spesa per interessi. Un calo dello spread contribuirebbe a ridurre il deficit che per effetto prevalente dei bonus edilizi ha raggiunto nel 2023 quota 7,2%.
Perché i Btp ora sono appetibili?
Ci sono probabilmente diversi elementi che contribuiscono a questo andamento dello spread.
Cos'è lo spread?
Lo spread, il differenziale tra i Btp italiani e gli omologhi Bund tedeschi, è salito alle cronache nel 2011, durante la crisi del debito dovrano, quando toccò quota 575 punti base. Si tratta di un indicatore che misura lo scarto tra i titoli decennali emessi dal Tesoro e quelli tedeschi. Insomma, un benchmark di riferimento che segnala sia la valutazione (anche in termini di fiducia) che i mercati accordano alla gestione del debito pubblico, sia il peso da accordare all’andamento dell’economia.
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