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Il rischio di fare il passatista c'è sempre, quando si paventano i rischi di una digitalizzazione che sembra talvolta asimmetrica.
La cosa diventa anche peggio quando è il rapporto con le Istituzioni a essere digitalizzato. Un paio di esempi che solo in apparenza (speriamo) sono le disavventure dello scemo del villaggio digitale. Primo. Arriva a casa il bollettino della Tari .
Secondo. Il commercialista deve inoltrare la dichiarazione dei redditi della mamma novantenne. Per fortuna che si è a debito. Nessuna somma da pagare. Ma per l'inoltro occorre lo Spid . Nome utente e password li ho conservati. Li comunicato al professionista che al telefono, mi chiede: « Sua mamma ha scaricato l'app di Poste? » . Scherza? No, non scherza. Per cambiare la password deve entrare nell'app. Io ho una vocazione digitale simile a quella di un orologio analogico. Mia mamma probabilmente non sa più nemmeno la distinzione tra l'uno e l'altro. Ma in questo caso non basta una tabaccheria che risolva “fisicamente” lo “gliuommero” (o gnommero, lasciatemi ostentare un po' di auliche citazioni di Gadda per attestare che si può essere lo scemo del villaggio digitale, pur avendo fatto buone letture). Occorrerebbe un caf o un patronato. E sotto casa non c'è. Giusto così? Forse. Il “ digital divide ” sembra un argomento fuori moda. Semplicemente ci siamo abituati a quella asimmetria tra cittadino e Stato che trasforma i diritti in doveri.
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