Spunta l’ipotesi del ricorso alla Naspi, l’indennità di disoccupazione introdotta dal Jobs Act, per i prepensionamenti del settore del credito. Tra le pieghe...
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In pratica, per i bancari, il decreto legge anticipa i tempi di quella flessibilità in uscita ora al centro del dibattito politico che minaccia le casse dell’Inps. Va fatta un’importante precisazione: il fondo di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale del personale del credito, che nella sostanza serve per finanziare i prepensionamenti dei bancari, è alimentato con risorse dei singoli istituti. In media, chi vi aderisce incassa un assegno compreso tra il 60 e il 75% dell’ultimo stipendio. Ma la tendenza delle banche, negli ultimi anni, è stata quella di accorciare la durata del fondo, portandola sotto i cinque anni massimi concessi, per via delle maggiori difficoltà ad alimentarlo, aggravate peraltro dalla richiesta di indicare nero su bianco le risorse fin da subito (prima anno per anno).
Insomma, le banche non sembrano disposte a continuare a fare tutto da sole. Non a caso, l’Abi (Associazione bancaria italiana), negli ultimi tempi, è parsa orientata a chiedere, da una parte, un allungamento della durata dei prepensionamenti (per l’appunto appena ottenuto col decreto legge), ma, dall’altra, anche una riduzione dell’onere a carico degli istituti. Da qui il rischio che il provvedimento di legge, nella misura in cui si limita a concedere più tempo per lo scivolo, resti lettera morta o comunque serva a poco. «L’allungamento dello scivolo - commenta il segretario del sindacato Uilca Massimo Masi - da solo non basta perché le banche oggi chiedono il ricorso alla Naspi oppure degli sgravi contributivi». Due strade non semplici da percorrere e che richiederebbero in ogni caso provvedimenti legislativi su misura.
Il ricorso alla Naspi pone problematiche e quesiti di varia natura. Per esempio, non è chiaro se si debba licenziare o meno il dipendente per consentirgli di percepire la nuova indennità di disoccupazione introdotta dal 2015 col Jobs Act. Le banche, dal canto loro, lamentano il fatto di contribuire alla Naspi con circa 200 milioni l’anno senza poterne beneficiare e fanno notare che il fondo, dalla sua nascita all’inizio degli anni Duemila, ha concesso ai bancari di andare in prepensionamento senza chiedere un centesimo alle casse statali. Secondo recenti dati del sindacato Fabi, dal 2000 al 2015 si sono registrati 48 mila esuberi nel settore del credito e se ne attendono ulteriori 23 mila entro il 2018. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino