Un anno di tempo. Poi una miriade di società partecipate dagli enti locali, fino a 3.200 in tutto, potrebbero essere cedute o liquidate. Uno dei tasselli fondamentali della...
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LE MISURE
Quale sarà il destino del personale delle società che verranno chiuse o ridimensionate? Il decreto estende alle partecipate la «mobilità obbligatoria» già applicata ai dipendenti pubblici. I lavoratori, dunque, potranno essere trasferiti senza il loro consenso, in altre società partecipate dall’ente pubblico o essere «reinternalizzati», ossia assunti direttamente dal Comune o dalla Regione. Ad essere dismesse, poi, non saranno solo le partecipazioni che non rientrano nei settori indicati dal decreto. La scure si abbatterà anche su quelle nelle quali la partecipazione dell’ente pubblico è inferiore al 10% e su quelle in cui non ci sono dipendenti o i dipendenti sono in numero inferiore ai consiglieri di amministrazione.
Un pacchetto di norme riguarda poi le partecipazioni in rosso. Gli azionisti pubblici dovranno accantonare in un fondo una quota pari alla perdita (in proporzione alla partecipazione). E questa regola, con alcuni correttivi, si applicherà già dal 2015. Per tutti gli amministratori ci sarà un taglio dei compensi, che saranno commisurati ai risultati. Ma per chi è in rosso ci sarà un taglio automatico del 30%. Chiudere due bilanci consecutivi in perdita sarà giusta causa di licenziamento. E non ci potranno più essere maxi-bonus per i manager che vanno via, vengono espressamente vietati. Le norme, poi, riguardano anche le società statali. Tutte le partecipazioni dei ministeri finiranno sotto il Tesoro, che eserciterà i diritti dell’azionista. Nei Comuni, invece, questa prerogativa sarà assegnata direttamente ai sindaci e non più alle giunte. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino