Pensioni, lunedì confronto sulla flessibilità in uscita dopo la fine di Quota 100

Pensioni, lunedì confronto sulla flessibilità in uscita dopo la fine di Quota 100
Sarà concentrato sull'ascolto delle richieste sindacali il confronto che partirà lunedì tra Governo e sindacati sulla flessibilità in uscita verso...

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Sarà concentrato sull'ascolto delle richieste sindacali il confronto che partirà lunedì tra Governo e sindacati sulla flessibilità in uscita verso la pensione una volta esaurita la sperimentazione di Quota 100. Il Governo non dovrebbe presentare proposte né stime sulle misure possibili ma dai tecnici, in attesa poi di una verifica politica dopo il primo round di incontri, arrivano i primi paletti sulle risorse disponibili.


Il pacchetto complessivo, ha affermato Marco Leonardi professore di Economia politica e tecnico del governo sul dossier previdenza, deve costare meno di quanto previsto per Quota 100, ovvero otto miliardi per quest'anno. Bisognerà capire se si ragiona su quanto stanziato per Quota 100 o quanto speso (la differenza potrebbe aggirarsi sui 6-7 miliardi in tre anni) e se si porterà ad esaurimento la sperimentazione. I sindacati si oppongono alla chiusura anticipata della misura, ma il mantenimento potrebbe ritardare l'avvio delle nuove misure.

Tra le richieste che i sindacati presenteranno domani ci sarà il pensionamento flessibile a partire dai 62 anni. Il
segretario confederale Cgil Roberto Ghiselli chiede che bastino 20 anni di contributi a fronte di 62 anni di età e sottolinea che l'anno prossimo si esaurirà gran parte della platea che ha il metodo retributivo fino al 2011 e che quindi il costo per lo Stato sarebbe inferiore rispetto alle stime circolate nelle ultime settimane. È particolarmente importante mantenere a 20 anni il numero dei contributi perché consentirebbe l'uscita anche alle donne ma - sottolinea - sarà importante anche portare il limite per l'uscita anticipata rispetto alla vecchiaia dalle 2,8 volte l'assegno sociale a 1,2 volte (quindi a circa 550 euro al mese).

Cgil, Cisl e Uil riproporranno la richiesta di uscita con 41 anni di contributi a qualsiasi età ma anche lo stop all'automatismo dell'aumento dell'età di vecchiaia legato alla speranza di vita (al momento dovrebbe scattare nel 2023 perché nel 2021 è stato congelato poiché la speranza di vita è rimasta stabile). I sindacati chiederanno misure sui lavori gravosi e vantaggi in termini contributivi per chi ha fatto lavoro di cura (ad esempio un anno di anticipo per le donne per ogni figlio), ma anche di mantenere le tutele previste per le categorie protette con l'Ape sociale come i disoccupati e coloro che sono stati a lungo impegnati in attività gravose. «Non c'è disponibilità comunque - ha spiegato Ghiselli - a fare uno scambio» tra anticipo pensionistico e calcolo dell'intera pensione con il metodo contributivo come accade con Opzione donna. «La perdita per il lavoratore - spiega - può arrivare al 30% dell'assegno».

Noi chiediamo - sottolinea il segretario confederale Cisl, Ignazio Ganga - che sia possibile andare in pensione a partire dai 62 anni di età ma possiamo dire già ora, che siamo contrari a condizionare l'accesso alla pensione al ricalcolo dell'assegno in senso totalmente contributivo, perché vorrebbe dire penalizzare ancora una volta la generazione che ha già sopportato il peso delle precedenti riforme. Quota 100 non è un stato un privilegio ma ha rappresentato una opportunità importante. Ora si tratta di strutturare una misura stabile che guardi al futuro.


«Per fare una riforma strutturale il governo deve postare risorse adeguate - dice il segretario confederale della Uil Domenico Proietti - la legge Fornero ha risparmiato 80 miliardi in dieci anni, una parte di queste risorse deve tornare nel sistema. È una questione di equità».
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Il Gazzettino