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«Il price cap è una misura che suggerisce chiunque». Mario Draghi non ci pensa proprio a mollare. Al netto del muro alzato a Bruxelles dall’Olanda, il premier oggi al G7 tornerà alla carica. E così durante il vertice di Elmau, tra le alpi bavaresi, porterà anche sul tavolo dei grandi della terra il tema del tetto al prezzo del gas importato via tubo dalla Russia. L’idea del premier è dimostrare, a dispetto delle reticenze tedesche e olandesi, che l’Unione Europea ha sufficiente «potere di mercato» perché la misura funzioni e, in prospettiva, possa anche ridurre l’inflazione. «Chi pensa, come l’Italia, che non possiamo restare in balia delle decisioni di Putin e che ci si debba dare una mossa, ha molte buone ragioni che peseranno sulla Commissione per fare una proposta» ha spiegato non a caso ieri il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni.
Il fronte guidato da Draghi e appoggiato da Emmanuel Macron con i paesi euro-mediterranei, oggi spera soprattutto di beneficiare del sostegno statunitense. Joe Biden infatti, su consiglio della segretaria del Tesoro (e amica di Draghi) Janet Yellen, proporrà a Germania, Francia, Italia, Giappone, Canada e Regno Unito di imporre sì un price cap, ma sul petrolio. Una ricetta che permetterebbe di frenare l’aumento dei prezzi e impattare anche la capacità d’acquisto di India e Cina. Paesi che fino ad oggi hanno di fatto aggirato le sanzioni imposte alla Russia. Una strada che, in una sorta di effetto domino, secondo le valutazioni italiane potrebbe mostrare la bontà dello strumento price cap, aprendo un nuovo spiraglio dopo il rinvio al prossimo autunno sancito da Bruxelles per un limite relativo al gas. Al momento però, spiegano alla vigilia diverse fonti Ue, la strada appare poco praticabile. «Non c’è un grande interesse per riaprire il sesto pacchetto di sanzioni» raccontano. La proposta americana infatti, accompagna alla definizione di un tetto massimo del prezzo del petrolio lo stop alle misure imposte che oggi rendono impossibile assicurare le petroliere che trasportano greggio russo. «La domanda (di petrolio ndr) è globale» ha spiegato ieri il padrone di caso Olaf Scholz, «e a meno che non riusciamo a coinvolgere tutti, o quasi tutti, non sarà così efficace». Il rischio che il vertice si tramuti in un nulla di fatto è quindi concreto. «Non sposteremo le montagne» ha chiarito prosaicamente lo stesso Scholz ridimensionando gli obiettivi di chi vorrebbe un’accelerazione su tutti i fronti più caldi: non solo la gestione della crisi energetica o di quella alimentare, ma anche il sostegno all’Ucraina e la lotta ai cambiamenti climatici.
Il club
Al vertice, a cui lunedì si unirà in collegamento anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si parlerà anche di un piano Marshall per la ricostruzione dell’Ucraina.
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Il Gazzettino