ROMA Di quanto si potrà ridurre la pensione definitiva per chi sceglierà di lasciare il lavoro in anticipo con il nuovo meccanismo del prestito previdenziale? Da un...
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NIENTE PENALITÀ
Durante la riunione il sottosegretario Nannicini ha chiarito che per i futuri trattamenti non ci saranno penalizzazioni, nel senso di decurtazioni fisse dell'importo. Ma l'assegno risulterà ridotto di fatto per la necessità di restituire in 20 anni la somma percepita nel periodo di anticipo, che potrà arrivare fino a 3 anni. Ecco più o meno come funzionerà il meccanismo. Un lavoratore che nel 2017 avrà 64 anni o quasi, quindi tre i meno di quelli necessari per la pensione di vecchiaia, potrà scegliere di anticipare l'uscita. Per farlo, verificherà la pensione maturata sulla base dei contributi versati fino a quel momento e attraverso l'Inps sottoscriverà un prestito con la banca, che progressivamente gli anticiperà una somma pari al suo reddito per i tre anni in questione: ad esempio il 70 per cento della pensione spettante. Dopo un triennio avrà quindi accumulato un debito pari a 2,1 volte il trattamento annuale. Per restituirla in 20 anni dovrà quindi versare una rata pari al 10,5 per cento della pensione, che quindi si ridurrà di conseguenza. Se prendesse il 100 per cento del trattamento, la percentuale di riduzione salirebbe al 15. Con meno anni di anticipo le decurtazioni sarebbero ovviamente minori. Ma queste riduzioni sono teoriche perché lo Stato le attenuerà con sgravi fiscali che premieranno i redditi più bassi e i lavoratori le cui imprese sono in crisi, fin quasi ad azzerare il sacrificio. Saranno inoltre a carico del bilancio dello Stato gli interessi del prestito e il rischio di premorienza dei pensionati: in caso di decesso prima del termine dei 20 anni nulla sarà dovuto dagli eredi. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino