Pensione, ipotesi 58 anni per le donne, la trattativa fra Governo e sindacati. Per ora niente sciopero

Possibile intesa sulle tutele per le nuove generazioni penalizzate dal precariato

«Donne in pensione a 58 anni», la trattativa fra Governo e sindacati. Per ora niente sciopero
Per ora non è rottura sulle pensioni. I sindacati, come previsto anche alla vigilia, proclamano la mobilitazione contro la legge di Bilancio con assemblee sui luoghi di...

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Per ora non è rottura sulle pensioni. I sindacati, come previsto anche alla vigilia, proclamano la mobilitazione contro la legge di Bilancio con assemblee sui luoghi di lavoro e manifestazioni a livello locale. Ma per ora la parola “sciopero” non è evocata. Si apre quindi una fase complessa in cui governo da una parte e Cgil, Cisl Uil dall’altra proveranno ad avvicinarsi su un’agenda che vede al primo posto pensioni e fisco, e comprende anche molti altri temi dagli ammortizzatori sociali alle crisi aziendali fino ai contratti dei dipendenti pubblici.

Pensioni, trattativa fra Governo e sindacati

Qualche spiraglio si è creato con le aperture del governo su “opzione donna”, la cui età resterebbe fissata a 58 anni, mentre il tema della situazione previdenziale dei giovani potrebbe permettere di trovare qualche punto d’incontro sulla pensione di garanzia. Il negoziato si annuncia comunque complesso e non si può escludere che da qui alla fine dell’anno la tensione si acutizzi; per ora le tre confederazioni appaiono compatte ma è anche possibile che nelle prossime settimane emerga qualche diversità di approccio.


Il dossier più delicato, ancora una volta, è proprio quello delle pensioni. Il compromesso offerto da Mario Draghi e Daniele Franco, ovvero prevedere una norma ponte per il solo 2022 in attesa di un nuovo tavolo da avviare a gennaio non elimina la distanza di fondo: l’esecutivo vuole tornare alle regole della legge Fornero allargate alle eccezioni come Ape sociale per i lavori faticosi (esteso a nuove categorie) e Opzione donna: su quest’ultimo meccanismo, che permette alle lavoratrici di accedere alla pensione in anticipo in cambio di un assegno meno generoso, è emersa la disponibilità a riportare l’età minima da 60 a 58 anni (con 35 di contributi) già durante l’esame parlamentare.

C’è spazio per una diversa forma strutturale di uscita anticipata? I sindacati vorrebbero Quota 41 (pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere dall’età) che però si presenta troppo onerosa; Palazzo Chigi e Mef potrebbero pensare ad una flessibilità generalizzata ma sempre ancorata al calcolo contributivo, che almeno nel medio periodo compensi il costo delle maggiori uscite con pensioni un po’ più basse.

Un terreno comune potrebbe essere trovato su misure dedicate ai giovani come la futura pensione di garanzia, destinata a tutelare gli attuali giovani penalizzati in prospettiva dal calcolo contributivo abbinato a carriere lavorative precarie; si tratta tra l’altro di una tematica che permetterebbe a Landini, Sbarra e Bombardieri di smarcarsi dall’accusa di tutelare soprattutto i propri iscritti più anziani.


LA DOTE
Sul capitolo fisco l’indicazione sindacale è abbastanza chiara: destinare ai lavoratori l’intera dote da 8 miliardi stanziata per la riduzione del cuneo (lo scarto tra retribuzioni nette e lorde provocato da tasse e contributi): si tratterebbe quindi di intervenire sull’Irpef privilegiando dipendenti e pensionati.

L’esecutivo deve però gestire una partita più complessa che include anche le richieste del mondo delle imprese e la stessa difficoltà tecnica di definire un riassetto dell’imposta sul reddito coerente con gli obiettivi della futura riforma complessiva.Resta da verificare poi quale sarà la formulazione della riforma degli ammortizzatori sociali, che entra in legge di Bilancio con una dote limitata a 3 miliardi, pochi rispetto all’ambizione iniziale di allargare a tutti i lavoratori le tutele contro la disoccupazione. I sindacati seguiranno con attenzione anche i rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici, la cui definizione dovrebbe entrare nel vivo nelle prossime settimane proprio mentre sta per terminare il triennio a cui i contratti stessi si riferiscono: l’applicazione sarà quindi in larga parte retroattiva.


Sulla legge di bilancio ieri è intervenuto anche il presidente di Confindustria Bonomi, che dopo essersi detto contrario alla prospettiva di uno sciopero in questa fase, ha riconosciuto la natura espansiva della manovra approvata dal governo. Incalzando però lo stesso esecutivo sull’utilizzo degli 8 miliardi finalizzati alla riduzione del cuneo fiscale: gli industriali vorrebbero che andassero a ridurre gli oneri contributivi a beneficio delle imprese, ma per ora questa impostazione non è stata recepita nel testo.
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Il Gazzettino